La notte dopo l'ho sognato di nuovo, e soltanto allora mi sono ricordato di averlo già sognato.
In entrambi i sogni era fermo nel piano americano e mi guardava con i suoi occhi tristi appesantiti da due Samsonite da emigrante, ma di lusso, altro che spago.
Taceva, ma nessuno poteva dire se era davvero un silenzio o una delle sue pause. Le pause con cui guarda gli assassini e sembra dire loro perché hai ammazzato la vecchia zia ricca, tanto sarebbe morta lo stesso e comunque anche tu morirai e allora perché.
Sembrava dire così, ma senza cattiveria, solo con infinita tristezza e dolcezza.
L'ispettore Derrick, lo sanno tutti, era la gioia di molti anziani, specie donne. Li rispettava, dava loro il tempo di capire, li guardava da dietro lo schermo come per chiedere loro una pista.
Loro, gli anziani, sapevano sempre qual era la pista giusta, e intuivano chi era l'assassino. Lo beccavano sempre. Le statistiche hanno dimostrato che gli anziani che guardavano l'ispettore Derrick si sentivano più intelligenti di anziani del tutto analoghi che però non lo guardavano.
L'analisi dei palinsesti ha dimostrato che gli anziani indovinavano l'assassino non su base deduttiva, bensì perché quella puntata era già stata trasmessa nei sei anni precedenti e loro l'avevano già vista. Solo che si erano dimenticati di averla vista. Tranne, al momento giusto, riesumare un'immagine, un suono, un neurone: il neurone che contiene il nome dell'assassino.
Se al mondo c'è giustizia, e noi sappiamo che non c'è, ma se almeno ce n'è una parvenza un po' decente, il feretro dell'ispettore Derrick deve essere stato accompagnato dalla sigla finale dell'edizione italiana: ta-tan ta-tan ta-tan (pum!) ta-ta-tattà (...) ta-ta-ta, cioè:
Questo avrei voluto scrivere il giorno dopo. Ma qualcosa mi ha bloccato, e, come dice Baricco quando si impossessa di me e viceversa, quel qualcosa si chiama paura.
Ma paura di cosa? Di quelle Samsonite, di quelle pause, di quei silenzi, della vendetta degli anziani?
Da qualche giorno l'ispettore Derrick è tornato, e passa tutta la notte a guardarmi. So che non è una foto perché sbatte le pupille, e so che mi sta dicendo che tutto è inutile, che lui è morto e che io morirò.
E sembra chiedermi perché questo coccodrillo non si poteva fare.