domenica 17 maggio 2009

Quando c'era quella cosa che chiamavano progresso

Egli crede, e non immagina neppure che un uomo moderno possa pensare diversamente, che un oggetto il quale ubbidisca perfettamente allo scopo cui è destinato non può non essere bello. Il primo dei suoi articoli di fede nella costruzione delle sue macchine per scrivere è dunque questo: l'armonia del prodotto in vista del suo fine, e l'armonia di ciò che a quel prodotto s'ispira e che quel prodotto serve, infine l'armonia reciproca di tutti gli elementi che costituiscono il ciclo della produzione.

Non è vero che le macchine siano brutte in se stesse. Esse saranno belle, bellissime se l'architetto che ne immaginerà la linea s'ispirerà agli stessi criteri di armonia cui ubbidisce un architetto di genio nel disegnare il progetto di una chiesa. Così, a forza di pretendere rigore e armonia funzionali dai suoi disegnatori, egli è riuscito a costruire una macchina per scrivere, la Lexicon 80, che ora è esposta nel Museo d'Arte Moderna di New York, come uno dei prodotti significativi della civiltà industriale di oggi.

Sandro De Feo, L'uomo che cerca l'anima della macchina, "L'Europeo", VIII, 24 (346), 7 giugno 1952, p. 20.





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