A mio cugino: lui sa perché, lui sa cos'è, lui sa dov'è
Non permetterò l'occupazione delle università. L'occupazione di luoghi pubblici non è la dimostrazione dell'applicazione della libertà, non è un fatto di democrazia, è una violenza nei confronti degli altri studenti che vogliono studiare. […] Avete 4-5 anni per fare il callo su queste cose. Io non retrocederò di un millimetro. […] Convocherò oggi il ministro degli Interni, e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell'ordine per evitare che questo possa succedere.
Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio della Repubblica italiana, 22 ottobre 2008.
A furia di pensare cose orribili, finiscono per succedere cose orribili.
Irwin Molyneux, alias Felix Chapel (Michel Simon) in Lo strano dramma del dottor Molineaux (Drôle de drame, 1937) di Marcel Carné.
Queríamos, pobres de nosotros,
pedir auxilio; pero no había
nadie para venir en nuestra ayuda.
PETRONIO
Esergo di Roberto Bolaño, Amuleto, Anagrama Editorial, Barcelona 1999.
Brani della testimonianza di Auxilio Lacouture, Facoltà di Lettere e Filosofia, UNAM, Città del Messico, DF, dicembre 1976.
[…] E così arrivai al 1968. O il 1968 arrivò a me. Ora potrei dire che lo presentii, che ne sentii l'odore nei bar, nel febbraio o nel marzo del '68, ma prima che il '68 diventasse davvero il '68. Ah, mi fa ridere ricordarlo! Mi fa venir voglia di piangere! Sto piangendo? Io vidi tutto e al tempo stesso non vidi niente. È chiaro? Io ero alla facoltà quando l'esercito violò l'autonomia ed entrò nel campus ad arrestare o ad ammazzare tutti quanti. No. All'università non ci furono molti morti. Fu a Tlatelolco. Che questo nome rimanga nella nostra memoria per sempre! Ma io ero in facoltà quando l'esercito e i granatieri entrarono e caricarono gli studenti. Che cosa incredibile. Io ero ai gabinetti, nei gabinetti di uno dei piani della facoltà, il quarto, credo, non potrei precisarlo. Ed ero seduta sul water, con le sottane alzate, come dice la poesia o la canzone, leggendo le delicate poesie di Pedro Garfías, e pensare che era morto un anno prima, don Pedro sempre così malinconico, così triste per la Spagna e per il mondo in generale, chi avrebbe mai immaginato che l'avrei letto al gabinetto proprio nel momento in cui i fottuti granatieri entravano all'università. Io credo, e mi si permetta l'inciso, che la vita sia colma di cose meravigliose ed enigmatiche. E di fatto, grazie a Pedro Garfías, alle poesie di Pedro Garfías e al mio inveterato vizio di leggere al gabinetto, io fui l'ultima ad accorgersi che i granatieri erano entrati, che l'esercito era entrato e che stavano caricando qualsiasi cosa si trovasse davanti. Diciamo che sentii un rumore. Un rumore nell'anima! E diciamo che poi il rumore crebbe e crebbe e che a quel punto prestai attenzione a quel che succedeva, sentii che qualcuno tirava la catena di un water vicino, sentii sbattere una porta, passi nel corridoio, e il clamore che saliva dai giardini, da quel prato così ben curato che incornicia l'università come un mare verde intorno a un'isola sempre pronta alle confidenze e all'amore. E allora la bolla d'aria della poesia di Pedro Garfías fece puf e chiusi il libro e mi alzai, tirai la catena, aprii la porta, feci un commento a voce alta, dissi insomma, cosa succede là fuori, ma nessuno mi rispose, tutte le utenti del gabinetto erano scomparse, dissi insomma, non c'è nessuno? sapendo fin da subito che nessuno mi avrebbe risposto, non so se conoscete la sensazione. E poi mi lavai le mani, mi guardai allo specchio, vidi una figura alta, magra, bionda, con alcune, già troppe, rughette sulla faccia, la versione femminile di don Chisciotte, come mi disse una volta Pedro Garfías, e poi uscii in corridoio, e lì mi resi subito conto che stava succedendo qualcosa, il corridoio era vuoto e le grida che salivano dalle scale erano di quelle che rintronano e fanno la storia. Cosa feci allora? Quel che avrebbe fatto chiunque, mi affacciai alla finestra e guardai giù e vidi dei soldati e poi mi affacciai a un'altra finestra e vidi dei carri armati e poi a un'altra, in fondo al corridoio, e vidi le camionette su cui stavano caricando gli studenti e i professori arrestati, come in una scena di un film della Seconda Guerra Mondiale mescolato con un film di Maria Felíx e Pedro Armendáriz sulla Rivoluzione Messicana, un fondale scuro con piccole figure fosforescenti, come si dice vedano certi pazzi o le persone in preda ad attacchi di panico. E allora io mi dissi: rimani qui, Auxilio. Non permettere, bambina, che arrestino anche te. Rimani qui, Auxilio, non entrare volontariamente in questo film, bambina, se vogliono infilarci anche te si prendano almeno il disturbo di venirti a cercare. E allora tornai nei gabinetti e guarda che combinazione, non solo tornai nei gabinetti, ma tornai al gabinetto, proprio lo stesso dov'ero stata prima, e tornai a sedermi sulla tazza del water, voglio dire di nuovo con le sottane alzate e le mutande abbassate, pur senza alcuna urgenza fisiologica (dicono che precisamente in casi come questi l'intestino si liberi, ma non fu certo il mio caso), e col libro di Pedro Garfías aperto, e sebbene non avessi voglia di leggere mi misi a leggere, lentamente, parola per parola e verso per verso, e all'improvviso sentii dei rumori in corridoio, rumori di stivali? rumori di scarponi chiodati? oh, basta, mi dissi, troppe coincidenze, non ti pare? e allora udii una voce che diceva qualcosa del tipo che era tutto a posto, può darsi che dicesse qualcos'altro, e qualcuno, forse la stessa carogna che aveva parlato, aprì la porta del gabinetto ed entrò e io sollevai i piedi come una ballerina di Renoir, le mutande come manette intorno alle mie scarne caviglie, impigliate in un paio di scarpe che avevo allora, dei mocassini gialli comodissimi, e mentre aspettavo che il soldato ispezionasse i gabinetti uno per uno e mi preparavo, giunto che fosse il momento, a non aprire, a difendere l'ultimo baluardo di autonomia dell'UNAM, io, una povera poetessa uruguayana, che amava il Messico con tutta se stessa, mentre aspettavo, dico, si fece un silenzio speciale, come se il tempo si frammentasse e corresse contemporaneamente in diverse direzioni, un tempo puro, né verbale né composto di gesti o di azioni, e allora vidi me stessa e vidi il soldato che si guardava rapito nello specchio, tutti e due immobili come statue nel gabinetto delle donne del quarto piano della Facoltà di Lettere e Filosofia, e questo fu tutto, poi sentii i passi che si allontanavano, udii la porta che si richiudeva e le mie gambe sollevate, come per decisione propria, ritornarono alla loro posizione originaria. Dovetti rimanere così per tre ore, immagino. So che cominciava a imbrunire quando uscii dal gabinetto. La situazione era nuova, lo ammetto, ma io sapevo cosa fare. Io sapevo qual era il mio dovere. E così mi arrampicai sull'unica finestra dei gabinetti e guardai fuori. Vidi un soldato sperduto in lontananza. Vidi la sagoma di un carro armato o l'ombra di un carro armato. Come il portico della letteratura latina, come il portico della letteratura greca. Ah, mi piace così tanto la letteratura greca, da Pindaro fino a Ghiorgos Seferis. Vidi il vento che percorreva l'università come se si beasse degli ultimi chiarori del giorno. E seppi quel che dovevo fare. Lo seppi. Seppi che dovevo resistere. Così mi sedetti sulle mattonelle dei gabinetti delle donne e approfittai degli ultimi raggi di luce per leggere altre tre poesie di Pedro Garfías e poi chiusi il libro e chiusi gli occhi e mi dissi: Auxilio Lacouture, cittadina uruguayana, latinoamericana, poetessa e viaggiatrice, resisti. Solo questo. […] Io non riesco a dimenticare niente, dicono che questo è il mio problema. Io sono la madre dei poeti del Messico. Io fui l'unica a resistere all'interno dell'università nel 1968, quando entrarono i granatieri e l'esercito. Io rimasi sola nella facoltà, chiusa in un gabinetto, senza mangiare per più di dieci giorni, per più di quindici giorni, non me lo ricordo.
Roberto Bolaño, I detective selvaggi (1998), traduzione di Maria Nicola, Sellerio Editore, Palermo 2003, pp. 258-66.
Bossi oggi ha dichiarato di non aver mai partecipato ad un'occupazione. E ti credo, uno che si è diplomato per corrispondenza che cazzo occupava? Il cesso di casa sua?
RispondiEliminaDice er chiappa che sto post è cezzionale, murtimediale, polisenso, bulversante.
RispondiEliminaPoi dice pure che quello che dice batman adda diventà na vignetta.
Non sono d'accordo. Questo post è trucu e lento, il "continua a leggere" è piazzato alla cazzo de cane e nun lo vede manco il gatto Silvestro, e la vignetta Batman è mejo che se la risparmia, tanto non finirà né su http://risodegliangeli.corriere.it/god né su www.iwouldpreferlacartavetratadaculo.splotch.
RispondiEliminaSolo un'aggiunta. Alla fine del filmato in fondo alla pagina del "continua a leggere", l'uomo impellicciato che si aggira stralunato tra i cadaveri degli immigranti est-europei e guarda la donna spararsi una rivoltellata in bocca è lo stesso che molti anni dopo sarà uno degli autori della dichiarazione di Port Huron (la prima, non la seconda, compromessa stesura). Mi sembra fatale che dopo tutte queste disavventure preferisca passare il resto dei suoi giorni a giocare a bowling, in vista delle semifinali contro quel pedofilo pervertito di Jesus Quintana.
RispondiEliminaBellissimo.
RispondiEliminaPS: minchia come scrive bene sto Bulàgno!
Tu sai chi è. Tu sai perché. Tu sai com'è.
RispondiElimina«Mangia, mangia, mangia, che sei troppo magra» è stata l'«incitazione» di Silvio Berlusconi alla sua pupilla, raccontata dal quotidiano «Il Riformista», ai margini dell'ultimo consiglio dei ministri a Napoli. Testimoni una decina di persone. Imbarazzata la risposta della Carfagna, che ha accennato un infastidito «Non ti preoccupare, non ti preoccupare». Sarà stata però dura per la poverina, tra l'altro non aiutata da un tailleur scuro che esaltava la sua snellezza, tranquillizzare tutti gli astanti durante il pranzo ufficiale offerto dal prefetto Alessandro Pansa. Con gli occhi di tutti i commensali puntati addosso la Carfagna ha spiluccato solo qualche verdura e un pezzetto di mozzarella di bufala. Risultato? Il medico e nutrizionista personale di Berlusconi, Umberto Scapagnini, sotto invito del suo assistito, sta tentando invano di fissare un appuntamento per una visita - gratuita ovviamente - alla «ministra».
RispondiEliminaQuanto ancora abuseranno della nostra pazienza?
Per non parlare della mia fame.
RispondiEliminaS'ingozzi, piuttosto, quella schifosissima cozza, s'ingrassi fino a scoppiare, e poi quando trasuderà olio peggio della vecchia marmitta di una 500 sfondata invece di andare da Scapagnini salga su, anzi scenda giù a prendere un caffè da me. Le offrirò pure l'ultima mentina, onde provocare la deflagrazione definitiva: le rivelerà, finalmente, il senso della morte.
Alt
P.S.: Scusate, oggi sono un po' alterato.
Quasi trent'anni fa, un gruppo si chiedeva: "For How Much Longer Do We Tolerate Mass Murder?"
RispondiEliminaFiguratevi un po'.
Che sarà mai il teatrino della Carfagnana.
La pazienza, se per questo, è stata usata, abusata, strabusata. Ma in questo caso , IMHO, più dal Riformista che dal Cavaliere.
Thief of Fire