venerdì 15 gennaio 2010

Cosa ti rifilo

Esperimento non particolarmente sottile, ma piuttosto efficace. L'aspetto interessante è che siamo "naturalmente" portati a pensare che la sezione centrale sia quella "vera", cioé quella che aderisce in modo più neutrale ai dati empirici e che cattura il "vero significato" della scena (vedi la discussione su Digg).



In questo giocano alcuni elementi strutturali:

- la didascalia, che ci dà il senso e l'obiettivo dell'operazione, focalizzando e orientando la nostra attenzione: qui si parla di manipolazioni della realtà attraverso le immagini

- la diversa colorazione delle aree: solo quella in mezzo ha colori "reali"

- la tripartizione orizzontale, adeguata a comunicare l'idea di opposti ed equivalenti estremismi, pdv parziali (ristretti) vs. una visione "ampia" e comprensiva, più oggettiva e distaccata. Canonicamente, quella che sta nel mezzo.



Le sezioni laterali sono in realtà diversamente colpevoli. Mentre quella a sinistra omette un'informazione rilevante (il gesto umano) per non indebolire il proprio messaggio, di fronte a quella di destra difficilmente potremmo essere indotti a immaginare un contesto idilliaco, anche in assenza del fucile.



Il riquadro centrale è il presunto "totale", ma in definitiva è solo un ritaglio spazio-temporale di cui non sappiamo nulla. Ai fini dell'esempio l'individuazione esatta delle parti in campo non ha interesse, ma comunque non conosciamo la fonte né il contesto. Potrebbe essere il fotogramma di un film, ad es., oppure una bella messa in scena ad uso del fotografo, dopo la quale il poveretto a terra è stato massacrato. Ma l'idea che il "totale" sia sottratto ad ogni ingerenza ideologica o propagandistica è abbastanza gratuita: la foto comunica contemporaneamente capacità di controllo e umanità, messaggio perfettamente adeguato ad es. al contesto delle guerre contro il terrorismo, in cui esibire un superiore livello insieme di tecnologia e di civiltà è cruciale.



Mi piace pensare ad un'immagine meno condizionata. Qualcosa di questo tipo, appesa a una parete e senza titolo.





Non butterebbe nessuna colpa addosso ai media, ma potrebbe farci interrogare su come noi stessi sezioniamo un'immagine e ne estraiamo senso. Se privilegiamo un riquadro o l'altro e siamo comunque in grado di comprenderli tutti è - credo - grazie al fatto che collochiamo l'immagine dentro a un nostro frame, ad una narrazione che conosciamo (la violenza della guerra, la solidarietà umana, il rispetto del nemico, la collana Supereroica) e la collochiamo dentro altri flussi di immagini, come quadri di crocifissioni o film di guerra. In Apocalypse Now (film, tra l'altro, in cui l'azione di regista e troupe è messa addirittura in scena) Kilgore fa il bel gesto di porgere la borraccia ad un coraggioso nemico ormai morente, per poi piantarlo lì non appena sente nominare Lance, il campione di surf.



Siamo noi stessi i "rifilatori" di ultima istanza.



9 commenti:

  1. parafrasando:  " cerco uno sguardo innocente"...

    ma come il paese, non c'è...

    non più, forse mai stato...



    per quanto, ogni tanto, guardando i documentari di soldati, di pasoilni, una nostalgia di quellle facce, di quell' innocenza, c'era o la sogno?..mah...

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  2. A me trotta in testa la frase celeberrima di André Bazin, citata (in forma contratta) nel Disprezzo di Godard: "Il cinema è uno sguardo che si sostituisce al nostro per offrirci un mondo accordato ai nostri desideri".

    Solo che:

    a) Non l'ha scritta Bazin. L'ha scritta Michel Mourlet. Di lui non so nulla, se non che era di destra e che non era scemo.

    b) Il problema è sapere quel che desideriamo, no?



    (E, sulle peste del trotto, vecchi miei puntigli: il "realismo ontologico", sempre di Bazin. Basta dire "ontologico" per garantire la fondatezza dell'ontologia? Non sarebbe stato più corretto un meno spettacolare "tautologico"? O un più marxista "storico" [v. "neorealismo"]? Ah, saperlo.)

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  3. ...è lampante che era uno di destra a dire quella cosa, ce l'abbiamo sotto gli occhi ogni giorno il risultato di una rappresentazione del mondo secondo i nostri ( supposti) ( più infimi) desideri...

    non dovremmo volere tutti che che ci fosse mostrato quel che non sappiamo vedere, che non vogliamo vedere, che DOVREMMO imparare a guardare?

    ..si certo forse uno sguardo al retropalco ti rovina lo spettacolo, tutto sta a vedere cosa sei andato a cercare...

    appunto sapere cose si vuole, bella domanda



    o cosa si dovrebbe volere, magari dentro o fuori casa è diverso...la polvere sotto il tuo letto non è affare che cambi le storie umane, per quanto, anche lì, dipende da chi la guarda  questa polvere e cosa te ne racconta...appunto

    bah

    domande domande domande

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  4. Sarebbe già molto sapere cosa non si vuole, parafrasando un poeta, sempre di destra.

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  5.  eccome no, anzi direi che è meglio quello, che nelle infinità del possibile sapere quello che si vuole diventa ardua impresa...corri il rischio di non desiderare perchè non hai saputo abbastanza immaginare...

    ma per sapere cosa no bisogna sempre prima sperimentarlo?...perchè io mi sarei anche un po' stufata, d'ora in poi vorrei applicare sempre e solo la direttiva del rifiuto per principio, una ferrea lista di non-desiderata...o si finisce tutti come dei bartleby?..uff...tutto difficile, tutto da pensare...uff...

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  6.  Montale non era di destra, Sten. Non era di sinistra, ma ciò non vuol dire che fosse di destra. Lo sai qual'è il problema no ? L'autoreferenzialità della Sinistra. Ed il fatto di essere schiavi di cattive letture. I vini migliori sono quelli che bevono loro, i quartieri migliori sono quelli dove abitano loro, e così via.

    Poi qualcuno glielo dice in faccia: loro strabuzzano gli occhi e tolgono il numero dall'agendina. Come si è permesso di contraddirmi questo volgare individuo visto che opero e filosofeggio per lui ?

    Il post è splendido. Però c'è anche da considerare che se rifili troppo sul G.R.A. un camion della frutta sul lato sinistro non te lo toglie nessuno.


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  7.  La malattia che si chiama Dalemite.

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  8. Nulla da eccepire, ma per me "di destra" non è un insulto, anzi. Concedo tuttavia che interpretare la realtà in simili termini possa rivelarsi a volte insufficiente, se non irrilevante. Per il resto, rinvio a "La critica né-né" in Roland Barthes, Miti d'oggi, sperando non sia anche quella una cattiva lettura.

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  9.  Quella è una straordinaria lettura, Sten.

    Non avevo dubbi !

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