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mercoledì 16 dicembre 2009

La caduta nel quotidiano/2

Are we worth saving? You tell me.

Debra (Michelle Morgan): ultime parole di Diary of the Dead (George A. Romero, 2007).




Generatore manuale di commenti: tra minacce e tentazioni censorie, prosegue temeraria e indomita la nostra sfavillante e multiforme vita nei social network, ovvero come smettere di preoccuparsi e cominciare ad amare il tasto “annulla”, offrendo sempre e comunque il peggio di noi, su una strada senza ritorno e a senso unico.



(Titolo a cura di Stan Lubrick, Mario Calabresi e Lina Wertmüller)




− Ignorati, fai come se non esistessi.



− E stasera? Ancora semolino?



− Phaiga lo dici a tua sorella.



− Preferirei sapere a che cosa NON stai pensando.



− Guarda che la settimana delle tette era l'altra.



− Hai già provato tutto uguale ma con i piedi in una pozza d'acqua?



− Sarà, ma anche una frase che riesce a mettere insieme una doppia negazione e il lemma "socialnetworkizzati" in un colpo solo fa disperare dell'umanità.



− Penserei che stai postulando per recitare una parte importante nel prossimo film dei Vanzina, per poi finire spiaccicata sul mese di febbraio di un calendario e infine coinvolta in un tristissimo caso di cronaca nera che ti farà piombare nel trito tunnel della droga, dal quale uscirai per imboccare senza soluzione di continuità l'annosa via dell'alcoolismo, quindi l'autostrada della bulimia diabetica. Il 22 novembre 2021 una congestione ti farà colare a picco nella piscina di un piccolo imprenditore di Casale sul Sile (TV), ma in assenza del proprietario. Verrai ritrovata due giorni dopo dalla colf mesopotamica in via di regolarizzazione e al tuo funerale qualcuno piangerà, forse.



− Il giorno in cui ti ritroverai con una doppia coppia d'assi e di otto mi piacerebbe essere presente, pallone gonfiato che non sei altro.



− Verrai ripescata. Meglio esser precisi.














mercoledì 2 dicembre 2009

La caduta nel quotidiano/1

Caro Doktor Professor Heidegger, vorrei sapere che cosa intende con l’espressione “caduta nel quotidiano”.

Quando ha avuto luogo questa caduta? Dove stavamo noi quand’è avvenuta?

Saul Bellow, Herzog, Feltrinelli, Milano 1976, p. 69.





Generatore manuale di commenti: la nostra sfavillante e multiforme vita nei social network, ovvero come smettere di preoccuparsi e cominciare ad amare il tasto “annulla”.



Ma anche no.emoticoneprr



– L'avevo pensato prima di te, ma molto meglio.



– Il gatto della foto è morto da settimane. :-D :-D :-D



– Non preoccuparti, prima o poi non ti capiterà mai anche a te.



– Rogo degli scritti keynesiani 'stocazzo.



– Un consiglio, se posso permettermi: rifiuta l'amicizia a te stesso.



– Ride di te, non con te.



– Te la suoni e te la laiki, eh?



– No. Jean-Michel Jarre no.



– Guarda, sono d'accordo. Se ciascuno di noi, nel suo piccolo, quotidianamente, rinunciando ai propri egoismi ma anche senza pretese e soprattutto senza illusioni, piantasse un semino e magari chiedesse consiglio a un amico giardiniere o almeno a un'amica il cui nipote fa il giardiniere, anche se non proprio a due fermate della metro, insomma, sì, ce la possiamo fare a fare qualcosa che serva a qualcosa per qualcuno.

martedì 13 ottobre 2009

Questa libertà di stampa non s'ha da fare

Io mi guardo bene dall'augurarmi che de Bortoli condivida le nostre idee e capisco anche che — come scriveva il Manzoni — "il coraggio chi non ce l'ha non se lo può dare". Ma da qui a sottacere il significato della deriva italiana, morale, politica, economica, sbandierando come titoli di merito verso il governo gli articoli scritti in suo favore, quelli scritti a suo tempo contro il governo Prodi, infine la definizione di Repubblica come un gruppo editoriale nemico del premier e degli interessi del Paese, ebbene questo è un modo volutamente rassegnato di praticare una professione che ha come primo principio deontologico quello di controllare il potere ad ogni passo e in ogni istante.

Eugenio Scalfari, Il coraggio della stampa, "la Repubblica", 13 ottobre 2009.

lunedì 15 giugno 2009

All'anima

Ho fatto il test "Che torre pendente sei?" e la risposta è "La torre di Pisa".

Dalla pagina fb dell' On. Min. A. Fruzzetti.






Bar Settimiano, esterno giorno.




GOD1: Questa m'era sfuggita.









Peccato che il filmato ce lo siamo già bruciati, perché la prima cosa che mi viene in mente è lui che manda a fare in culo i turisti tedeschi.

(E già che ci sono, ne approfitto per sputtanarmi definitivamente, confessandovi che per me il più grande attore di tutti i tempi è proprio lui.)



Niinetto er barista:
ma chi sarebbe quella che fa il saluto fassista?



GOD2:
La signora M.V. Brambilla, che già in precedenza aveva rilevato: "I nostri avversari si sono ridotti a misurare l’angolazione del mio gomito quando saluto i cittadini o a calcolare l’altezza delle mie braccia".

Si capisce™ che è solo una questione di angolazione.



Niinetto: Ah! Quella di Magic Italy!



GOD3: Quella che fa le ronde notturne. Come un faro nella notte. Più che una certezza, una sicurezza.



GOD4: La lucciola preferita dei turisti. A volte ritornano.



GOD5: I turisti?



GOD4: No, 'fanculo i turisti. Le lucciole.



Niinetto: Ostia!



GOD1:
Infatti anche quella del saluto romano può essere una questione molare.

Sospetto sia una leggenda, ma pare che all'inizio del ventennio (l'altro, non questo), mio nonno fosse stato condannato a soli 5 anni di galera, per motivi politici. Ma la Corte gliene avrebbe appioppati altri 10, all'ultimo momento, per vilipendio. L'avvocato insisteva perché lui facesse il saluto romano ai magistrati. E riuscì a vincere la ritrosia di mio nonno, il quale temeva che la Corte non apprezzasse il vero saluto romano.












(Ma ripeto: pare che le cose in realtà siano andate diversamente.)

(E poi dicono che la Turchia nun rimane in Europa.)



Niinetto: In Turchia intanto sono vietate le processioni religiose in strada mentre in italia, a Pisa, si mette la multa a chi non espone il lumino alla finestra al passaggio del "santo" loro. un San Carciofone qualsiasi di quegli idolatri là.

500 neuri la multa, eh.




GOD1: S'è magnati tutti i ceri / Taccitu e de san Ranieri.



GOD6: Questa invece era sfuggita a me. Bianchinerituttiuguali.



GOD3: Magari ce lo meritassimo ancora, Alberto Sordi.
Sarebbe da inventare un nuovo tag "indignazzione tardiva".




GOD7: Poi personalmente san Ranieri lo odio. Intendiamoci: la prima volta è uno spettacolo. Il massimo è alle 4 di notte, fare i lungarni in bici, ti tocca perché tutti dormono dopo aver trombato, tu non puoi se per esempio la partner ti spiega che lei ha problemi di sonno, si è messa i tappi per le orecchie, una specie di turbante, doppie calze, triplo pigiama: e dice che se vuoi puoi dormire nell'anticamera. Ma tu sei fiero e dici ma me ne torno nella mia stanza doppia, mi fermo un attimo alla fontana a bere e poi vado su per i lungarni, che vuoi che sia, anzi, a me piace molto di più così.


E già che ci sono mi godo Pisa di notte, che è il massimo perché non c'è nessuno, nessuno, nessuno neanche la sera della festa. Le candele bruciano ormai alla cazzo di cane, senza rispettare nessun progetto geometrico, ed è ancora più bello, perché sa di Monet, ma non Claude, un Monet diverso, un Monet alla cazzo di cane, guardarle, le candele, riflesse sull'arno, che è un fiume che fa veramente schifo a tutti tranne stanotte in cui a te, e solo a te perché non c'è nessun altro, non fa schifo. Quelli sono i momenti di cui ho nostalgia massima, personalmente.



GOD1
: Personalmente la nostalgia / Taccitu e de tu' zia.

martedì 5 maggio 2009

Cedimento

Sai cosa? Hai una faccia che sembra cascata nella salsa al formaggio del 1957.

No, “Nada” (Roddy Piper) non è maleducato e la signora a cui sta parlando non è un’innocua casalinga al supermercato, ma un marziano stagionato in Essi vivono (John Carpenter, 1988).




Però in questa storia tocchiamo davvero vette di disgusto di raro horrorshow. Come se il re, nudo, mostrasse di non avere un sesso (o di averne tre, tutti diversi, o di essere tutto un solo, gigantesco sesso indistinto). Un alieno caduto sulla Terra, a metà strada tra Essi vivono e Bad Taste—Fuori di testa. E così la società che lo circonda. Ecco, forse il film che più mi viene in mente, guardando le immagini forse F for Fake (ossia forse vere, o comunque verosimili) di quell'imperatore marziano al compleanno napoletano è proprio Society. Finzioni una dentro l'altra e l'altra dentro l'una, a scatole cinesi, rovesciate, senza distinzione tra dentro e fuori: una quarta dimensione ai confini della realtà e a immagine e somiglianza dell'Impero Mediaset. Già il nome di Lei, pensateci, sembra falso. Una parodia di "Marlene Dietrich": comincia con la promessa di un'eleganza giovane bella, abbronzata e top rovinata da uno svarione dislessico, e finisce miseramente nella certezza di un porno amatoriale (o di una poltrona ministeriale).



E le sue foto, su facebook. Il terrore che possa chiederci la nostra "amicizia", e magari ringraziarci di aver accettato l'invito. Nel pianeta Arachnoid, quali simboli tipografici si useranno per esprimere la soddisfazione, la "letizia", quale faccina? E ovviamente, serviranno occhiali protettivi per vederla, perché nei b-movie ci sono faccine aliene che provocano la follia, come certe formule magiche. Asa nisi masa, klaatu barada nikto, noemiletizia. Guardatele, quelle foto, chiaramente ritoccate con un photoshop fatto in Casa (quella di Samuel Raimi, magari mentre il papà legge ad alta voce il Necronomicon incappucciato in un drappo scuro). Pare abbia appena compiuto diciotto anni, ma non è vero niente. Mia figlia tra 11 anni avrà la sua età, è ovvio che qualcosa non torna. Quella "donna" o "thing" che sia sembra già stata sottoposta a molteplici lifting, interventi plastici con strumenti chirurgici inventati dagli inseparabili gemelli Mantle, che non sono riusciti a correggere i segni di una mostruosità lovecraftiana, a illudere su un paio di chiappe sul punto di tracollare definitivamente. Oppure la verità è altrove, ancora più terrificante: non volevano occultare nulla, anzi. Volevano esibire con orgoglio il frutto dei loro esperimenti. Loro, quella cosa, la trovano "bella".

Forse nella twilight zone di Arachnoid lei ha proprio diciott'anni. Ma in tempo umano probabilmente i suoi 18 anni equivalgono ai nostri 73 (come minimo, e anche come minimmo: fascista su Marte). In un certo senso, lei e il suo "altro Dio" sono coetanei. Quell'appartamento partenopeo è il punto dello spazio e del tempo in cui le parallele si incontrano: eccoli, i grandi Antichi.



Quanto a Dagon, o Chtulhu, si aggira tra le stanze del palazzo dirigendo la grande cerimonia d'iniziazione della maestrosa entrata nel grande social network della vita, spalmando e spammando lo stesso identico sorriso ovunque. Ubiquo, immortale e sempre uguale a se stesso. Berlusconi si somiglia. Lui è dappertutto e in nessun luogo, centro e circonferenza pascaliana, Arkadin redivivo che invece di raccontare apologhi pseudogeorgiani a ospiti e camerieri vomita barzellette zozze. Potrebbe anche non esser lì, e infatti la ripetizione sistematica degli stessi atteggiamenti, dello stesso volto e di quello che convenzionalmente continuiamo a chiamare "sorriso" (ma cos'è, in realtà, quell'espressione? non lo sapremo mai, almeno da vivi) fanno pensare a una manipolazione fotografica. Un "fake". O, se preferite, un B for Bug: nel senso wellesiano ma anche in quello dei B-movie anni Cinquanta, tra tarantole e formigoni giganti, e, last but not least man on earth, in senso informatico e multimediale. Uno Zelig doppiamente rovesciato (nelle leggi fisiche della Society di Brian Yuzna la normalità è fatta di contorsioni soprannaturali, altro che Houdini), perché quella anomalia nell'immagine diventa anomalia dell'immagine, quella incrostazione diventa l'immagine tutta, la divora; e perché il suo continuo trasformismo non vuole mai spettacolarizzare altro da sé: quell'uomo, ripeto, imita sempre e soltanto se stesso.



Non so se prova davvero paura, quella cosa "mostruosa e libera", cuore di tenebra della setta che ha depositato un copyright proprio sulla parola "libertà". Se prova paura per le conseguenze elettorali, per la ricaduta d'immagine (un cedimento, un tracollo, un collasso). A rigor di logica, l'esposizione (anche nel senso in cui lo intende Brian Yuzna) di quelle foto dovrebbe produrre un moto collettivo di orror panico, ancestrale. Questo dovrebbe essere il sentimento umano, qualcosa che non ha nulla a che fare con la morale, frutto della civiltà, quindi di un'evoluzione successiva all'istinto primordiale. A rigor di logica, la lista sotto il sigillo di Chthulhu dovrebbe ottenere lo 0,1%. Se prende appena un po' di più o addirittura vince (no, non è possibile, non voglio neppure pensarlo), allora significa che siamo condannati a vivere nel terrore dallo spazio azzurro profondo.

Io voglio saperlo prima. Voglio uscire per le strade d'Italia, senza dare nell'occhio, comportandomi come tutti gli altri, senza reazioni particolari di alcun tipo. (N.B.: nella versione italiana del film non dare nell'occhio significa andare a settanta all'ora sulle vie pedonali, passare col rosso e parcheggiare il SUV in doppia fila, però qui atteniamoci al classico come metafora.) Ma prima di varcare la porta di casa sostituirò gli occhiali scuri con i ray-ban di Carpenter e fingendo di leggere il giornale, di scrivere messaggini predefiniti sul cellulare, di espletare le funzioni biologiche e professionali, li guarderò, uno per uno, nell'autobus, in metropolitana, ai tavolini del bar, in ufficio, nella mensa aziendale, a letto. E li conterò.












Ora c'è un "continua a leggere". Ma preferisco avvertirti: il video di Society che hai appena visto, paragonato a quel che troverai oltre, e ai link contenuti in esso, equivale a un cartone animato di Fragolina Dolcecuore.



Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu

R'lyeh wgah'nagl fhtagn
.

giovedì 26 marzo 2009

Lezioni di letteratura vissuta

Lezione n° 3: Coltiva l'arte della concisione.



Presempio.



Applicazione sbagliata:



La visita apostolica in Africa di Benedetto XVI si sta avviando alla conclusione. Dopo il breve ma intenso soggiorno in Camerun, adesso è il momento dell’Angola, dove il Papa trascorrerà le ultime ore di permanenza.

I media occidentali hanno posto l’attenzione prevalentemente sulla questione struggente delle malattie infettive, vero flagello del continente. Il fatto è che la diffusione dell’Aids in terra d’Africa è veramente allarmante. In questo senso, ad alcuni osservatori erano parse provocatorie e inopportune quelle dichiarazioni espresse nei giorni scorsi dal Papa secondo il quale «non si può risolvere il flagello con la distribuzione di preservativi, perché il rischio è di aumentare il problema». Le attente valutazioni di Benedetto XVI, a ben vedere, sono state però perfettamente rispondenti alla complessità del problema, e non ferme esclusivamente all’indicazione di un divieto. Per combattere il male, si deve andare alla radice ultima dei motivi umani che impediscono l’arrestarsi della diffusione massiccia del contagio. Se si trattasse unicamente di distribuire mezzi di protezione della sessualità, in fondo il dramma dell’Aids non sarebbe così oneroso. Basterebbe inviare qualche decina di milioni di contraccettivi, e tutto tornerebbe a posto in breve tempo. Il rimedio all’epidemia consiste, all’opposto, nell’eliminazione delle vere ragioni che stanno al fondo dei comportamenti, non limitandosi esclusivamente alle conseguenze devastanti che ne derivano. Il primo fine è garantire una formazione culturale adeguata e sufficientemente diffusa tra la gente, cosa effettivamente quasi impossibile laggiù. Perciò è indispensabile la collaborazione coerente e perseverante di tutte le istituzioni, nazionali ed internazionali, che hanno la possibilità e la facoltà d’intervenire. Avviare un processo d’umanizzazione in Africa significa concretamente considerare che la crescita civile e culturale della popolazione riposa nell’acquisizione di una consapevolezza morale e spirituale sempre maggiore: vuol dire investire in scuole e non in profilattici. La mancanza d’istruzione, infatti, crea per primo l’incapacità di gestire umanamente la sessualità. E la famiglia rimane l’unico nucleo sociale entro cui la sessualità raggiunge il proprio compimento, e sul quale la politica dovrebbe convogliare tutti i propri sforzi. È chiaro inoltre che un processo stabile di sviluppo formativo non può fare a meno di combattere l’irrazionalità delle credenze magiche. Il Papa ha rilevato in questo senso, nell’omelia di ieri a Luanda in Angola, l’intimo legame che tiene unita la crescita della religiosità cristiana con l’affermarsi di una razionalità in grado di sconfiggere culturalmente stregoneria e superstizioni.

Quest’ultimo aspetto, poco messo in risalto dalla stampa, è un monito diretto ai governi dei paesi africani, spesso decurtati da corruzione, da debiti e da opportunismi economici, ad impegnarsi realmente per far fronte ai drammi impellenti dei loro popoli, non abbandonandoli completamente a se stessi. In conclusione, dunque, se visto nella giusta angolatura e ascoltato in tutto il suo spessore argomentativo, il messaggio complessivo di Benedetto XVI ha colpito nel segno, esortando le autorità pubbliche a recuperare la propria autentica funzione etica e sociale. E quest’esortazione vale non solo in luoghi della terra dove le risorse e le prospettive umane sono così scarse come in Africa, ma anche laddove la condotta è ridotta ormai a mera pratica utilitarista come in Occidente.

Benedetto Ippolito, Oltre i preservativi. Ben oltre la superstizione. — La risposta sta nell'educazione, "Avvenire", 22 (o 23) marzo 2009.



Applicazione corretta (clicca su "Continua a leggere")



Sono una psona democratici, ho rispetto per gli omosessuali e i negri, purché i due fenomeni non si presenta contemporaneamente.

Brunello Robertetti.

martedì 10 marzo 2009

Con turbante? Ya más!

Il peggio è quando per argomento si gabella soggetto, quando insistendo sui film a colori, a tre dimensioni, si rimette in forse, nelle menti semplici, la legittimità delle uova al burro e dell’orologio a polso; quando finalmente mandiamo per le stampe che l’attrice tale, nel film tale, appare, senza sovrapprezzo, conturbante.

Leo Pestelli, Parlare italiano (capitolo "Mondanità Sport Cinema"), Longanesi & C., Milano 1967, p. 44.




FOTOGALLERY SPORT    (10/3/2009)

Kournikova: conturbante per sport

Anna Kournikova è tornata in completino da tennis ma si tratta solo di una campagna pubblicitaria.

(Foto Masterphoto Milano)


Fonte: www.lastampa.it

lunedì 5 gennaio 2009

Gaza dolce Gaza

Non so se avete notato, ma c'è un grosso casino attorno alla striscia di Gaza. È un fatto più unico che raro, dato che solitamente quella zona, come tutti sappiamo, è considerata una specie di "buen retiro" più tranquillo di una pensione sulla costa californiana, e infatti è principalmente abitata da ricchissimi anziani tedeschi e svizzeri, che vengono lì per godersi un meritato riposo, all'ombra degli ulivi e col bel mare davanti. E poi il clima è assolutamente ideale. Ora questo piccolo paradiso è sotto una tempesta di merda.

(Fossi in te continuerei a leggere. O almeno dai un'occhiata, che c'è pure una foto di Eva Grimaldi.)



Dal 2001 si ripete lo stesso scenario di azione-reazione, che alla fine stufa i telespettatori, sarebbe ora di chiedere agli sceneggiatori un guizzo di originalità. Dev'essere l'effetto F4, detto anche "basito in automatico" ben descritto nella serie "Boris". A un attacco di potenza 1 si risponde con un attacco di potenza 10. Siccome una banda di stronzi dementi abbatte due torri, io ti cancello due Paesi dalla cartina geografica. Magari mi dimentico di cancellarli dalla realtà (vedi dopo), ma insomma comunque faccio un casotto madornale. Non dico che quel che gli israeliani si beccano in testa quotidianamente siano petardi e tric-trac. Ma insomma non se li beccano quasi mai in testa, perché quando vedono che arriva un razzo generalmente si scansano. Poi a volte uno se lo becca in testa e muore. Allora gli altri si incazzano e fanno fuori cento palestinesi, con un missile solo. Questi cento morti sono equamente divisi in a) terroristi; b) vecchi; c) donne; d) bambini; e) uomini disoccupati; f) lavoratori precari; g) pecorella (al singolare, perché ogni missile israeliano è programmato per uccidere una sola pecorella). Il programma del missile è basato su logaritmi molto complicati che solo Chiappalupi potrebbe spiegare, e non perché Chiappalupi ce lo sa, ma perché ce lo ha descritto con tanto di grafici e disegnini Altamante Fruzzetti. Ma alla fine è solo un programma, e perché il programma funzioni è necessaria la partecipazione di tutti, in primis dei palestinesi. Mica basta pigiare il tasto F4. Se il missile fa i suoi cento morti previsti ed equamente divisi nelle categorie suddette (e ho omesso le sottocategorie, ma Chiappalupi o meglio Fruzzetti assicurano che ci sono), il motivo è semplice: i palestinesi, contrariamente agli israeliani, non si scansano. Mai.












I palestinesi sono un po' scemi.

Però anche loro hanno delle qualità. Ad esempio.

La striscia di Gaza ha smesso di essere il luogo ultrasicuro e tranquillo dove tutti sogniamo di andare a vivere in pensione perché i palestinesi se lo sono meritato. È una cosa che dicono gli esperti, non dico esperti quanto Altamante Fruzzetti, ma comunque esperti, di certo più di Chiappalupi, per intenderci.

I palestinesi se lo sono meritato. Ed è giusto che sia così, secondo me. È una regola che vale per tutte le cose. Non è che vuoi una cosa e subito ce l'hai, questo lo credono i bambini. Poi diventi grande e allora impari che se vuoi una cosa, qualsiasi cosa, te la devi meritare. Lo vuoi un gelato al pistacchio? Te lo devi meritare. Lo vuoi un avanzamento di carriera? Te lo devi meritare. Ti piacerebbe ritrovarti con il tetto sfasciato da un missile che finisce direttamente nella stanza dove dorme tuo figlio dimodoché devi rifare il tetto e un altro figlio perché quello di prima non andava bene? Telodevimeritare. (E secondo me, un po' se lo deve meritare anche il figlio, perché in famiglia ciascuno deve fare la sua parte.) Cioè, non è che le cose piovono dal cielo. I missili sì, ma qui mi si lingua la impasta e non so più a che metafa appendermi.

Comunque sapevatelo: gli italiani hanno parecchio da imparare dai palestinesi, in materia di meritocrazia. Infatti Brunetta ha già previsto un viaggio di studi, con full immersion (e le malelingue già si scatenano, su questa immersione; fortuna che Veltroni apre subito il dialogo e pacifica gli animi dicendo che "Brunetta fa le immersioni nella realtà palestinese ma anche nel mare blu, e noi ci batteremo per ottenere risultati su ambedue i fronti, sempre con il pensiero rivolto agli italiani che faticano a tornare all'inizio del mese").



Quindi i palestinesi se lo sono meritato. Io questo l'ho letto, giuro che l'ho letto. La cosa è opinabile, ma a me sembra soprattutto espressa in modo maldestro. È un'opinione, e le opinioni sono sacrosante, mentre il ragionare è blasfemo, lo ha detto pure il Papa l'altra sera al bar Settimiano. Però secondo me l'opinione sarebbe stata più convincente (l'opinione ha sostituito gli argomenti, non so se celosapevate, comunque sapevatelo, ora si convince a colpi di opinione) se fosse stata formulata nel modo seguente: "Hamas se lo è meritato". Però sono quisquilie, perché in fin dei conti Hamas è stato votato dai palestinesi, e quindi quel che si merita Hamas se lo meritano pure i palestinesi, che infatti pare siano felicissimi di meritarsi tutto questo ben di Dio. La democrazia, lo dice da sempre il nostro Presidente del Consiglio Berlusconi, comincia e finisce il giorno in cui vai a votare. Se voti, è democrazia. Poi se voti Berlusconi è pure meglio della democrazia, ma non complichiamo. Democrazia=elezioni e basta, sapevatelo, razza di asini ignoranti. Perché poi i palestinesi della striscia di Gaza abbiano votato Hamas, questo non ci interessa, siamo reduci dall'indimenticabile omelia del Papa al bar Settimiano, il sapere è blasfemo, e quindi credo quia absurdum est, che in italiano vuol dire una mela al giorno leva il medico di torno e vai pure in discoteca con Eva Grimaldi. E comunque con Hamas non si parla, anche perché nessuno capisce la loro lingua del cazzo, e non si può passare il tempo a fare full immersion di qua e di là, non c'è mica solo la striscia di Gaza da visitare, ci sono anche Capri, Acapulco e Bangkok, in tempi di crisi solo l'industria del turismo potrà salvarci, altro che God e God. E poi quelli di Hamas sono antipatici. Pare che ci vogliono ammazzare tutti. E lo dicono pure.



Un altro antipatico, ma molto, è Ahmadinejad. Infatti a me Ahmadinejad non piace. È pure brutto, tra l'altro. Ogni volta che mi telefona e dice: "Ti va un grappino dopocena al Settimiano?", io ci rispondo: "No, grazie, per stasera passo, perché devo ancora smaltire la sbornia di ieri sera col gaffeur e il Papa". Dico così perché non mi piace offendere nessuno, ma in realtà è proprio che non mi va, sarà che sono ebreo e Ahmadinejad dice che vuole ammazzare tutti gli ebrei, è chiaro che non gli piacciono, ciascuno ha le sue idiosincrasie, io ad esempio non sopporto le persone a cui puzza l'alito, e li vorrei non dico ammazzare ma almeno obbligare a fare i gargarismi quotidiani col botot o ad andare dal dentista o a mangiare meno aglio o insomma comunque a occuparsi della questione molare, come direbbe quell'imbecille del fratello gemello di Fruzzetti. Comunque e quand'anche, Ahmadinejad non è proprio l'ideale, come amicone, infatti preferisco il Papa, anche se quando beve troppi grappini si mette a parlare in tedesco e io non parlo il tedesco, scusami pardòn.

Ahmadinejad è come Hamas: nun ce se pò parla'. E quindi giù bombe, secondo lo scenario descritto sopra. Si cancella tutto: Irak, Afghanistan, Libano, striscia di Gaza. Poi come dicevo non si cancella niente ma si fa solo un gran casino, e in tutto 'sto casino finisce che gli arabi si annoiano, perché è sempre la stessa storia, e a furia di meritarsi tutte queste belle cose, finiscono per dirsi che gli piacerebbe meritarsi pure altro, magari più bello. Non sono mai contenti, gli arabi: gli dai una mano, e si prendono tutto il braccio. Dev'essere la frenesia dei consumi. Dev'essere che nei Paesi che dentro ci sono questi arabi non c'è la crisi. Infatti Tremonti ha già previsto una full immersion con triplo salto mortale e piroetta "a bomba" nel Golfo Persico per sondare le acque e il polso della situazione con Rolex incorporato nel succitato polso.

Allora le cose vanno così: noi (perché pare che quelli che lanciano i missili sono "noi", che decidiamo chi se li merita e chi no, perché un metro deve pur esserci, e siccome abbiamo grossi missili che vanno molto lontano, noi abbiamo il kilometro di giudizio, come il dente, per restare in alitudine), noi, dicevo, sparacchiamo migliaia di missili, facciamo bum bububum bububum e ammazziamo un sacco di gente che se l'è meritato, diciamo che su uno che ci ammazzano loro (noi ci meritiamo poco, siamo una civiltà in crisi), gliene ammazziamo cento. E gli chiediamo di non scansarsi, perché non vale. Sennò che gioco è?

Quel gioco si chiama guerra. Ne abbiamo fatte quattro, negli ultimi anni: Afghanistan, Irak, Libano, Georgia. Le abbiamo perse tutte. Vabbe', l'importante è partecipare, però le abbiamo perse tutte comunque. Roba da serie C, da Paulinho Cotechiño. Certo, la cosa fa incazzare. Come se per sette anni di seguito il Brasile di Pelé perdesse dieci partite consecutive contro l' A.S. Pizzighettone under 18. Mo' pare che i bookmaker inglesi diano perdente pure Israele, in questa partita in corso. Ma secondo me i bookmaker non c'imbroccano mai. E comunque se Israele perde, è tutta colpa dell'arbitro cornuto. Con Collina certe cose non sarebbero mai successe. Voglio vedere il replay.

Ora, ogni volta che perdiamo una guerra, la vince Ahmadinejad. Nel senso che Ahmadinejad ci mette tutto il suo stipendio, in tasca ai bookmaker. E ora è ricco sfondato e gira in SUV, bastardo del cazzo. Secondo me qui c'è di mezzo la mafia. Hanno truccato tutte le partite. Altro che Sky.

Ricapitolando. Irak, 1 a 0 per Ahmadinejad. Afghanistan, 1 a 0 per Ahmadinejad, Libano, 1 a 0 per Ahmadinejad. Fanno 3 a 0. Se gli allibratori (che non sono i coccodrilli, anche se li confondo sempre quando mi si bagnano gli occhi di lacrime, come direbbe il caimano) azzeccano pure l'ultimo pronostico, "noi" perdono pure il derby contro Gaza. 4 a 0.



Di solito, quando uno fa una guerra a un altro quattro volte di seguito, sbagliando sempre allo stesso modo, sarà meglio cambiare strategia o chiedere consigli a Trapattoni. Di solito, quando uno fa una guerra a un altro e la perde, gli tocca parlare con chi ha vinto. Forse quando ne hai perse quattro è quattro volte più vero, ma forse no, forse, come diceva uno coi baffi grossi così "quel che non ti uccide ti rende più forte", e quindi dai e dai, capace che a furia di perdere tutte le guerre possibili immaginabili siamo diventati invincibili, come Batman. Io non lo so, bisognerebbe chiedere l'opinione convincente degli strateghi. (No, Scroto: il baffone non è Stalin, non mi rompere e famme fini' de parla'. No, nun me lo ricordo chi era, magari John Lennon.)

E invece no. Son tutte regole nuove, perché se di tanto in tanto non cambi le regole sono i telespettatori che cambiano canale perché gli viene la biocca, e i telespettatori devono guardare Rai o Mediaset, Al-Jazeera non datur. Quindi, nell'attesa che ci si decida una buona volta a sostituire l'arbitro cornuto con il replay, abbiamo cambiato la guerra. Ora, sapevatelo: quando facciamo la guerra e perdiamo, siamo noi che dettiamo le nostre condizioni al vincitore. La guerra è un gioco per bambini, alla fine è solo un passatempo: "Devi capire Israele, fra poco ci sono le elezioni, e il Governo era obbligato ad agire perché sennò vince Netanyahu". Cioè, la guerra non è più l'ultima ratio, che in italiano vuol dire meglio un uovo oggi che una gallina domani. No, è una non stop televisiva, come il calcio d'estate. Ci sono le elezioni fra un mese, quindi guerra totale. Per coprire il palinsesto. La guerra è un gioco per bambini, poi si passa alla roba seria, che si chiama politica internazionale.



Quindi, riassumendo. In guerra c'è chi vince e chi perde. E vabbe': c'est la vie, come dice sempre un mio amico. Poi si passa alla politica (nelle nuove regole l'ordine è questo, la politica è l'ultima ratio, che in italiano si pronuncia razio, ma non è il Papa ubriaco e neppure il missile che forse, magari, chissà, un giorno finiremmo col meritarci pure noi, se proprio ce la mettiamo tutta e uniamo le risorse e affrontiamo coraggiosamente il futuro senza guardare in faccia a nessuno). E quando si passa alla politica chi ha vinto la guerra non conta un cazzo. Chi detta le condizioni è il più simpatico. Noi abbiamo perso (almeno) tre guerre contro Ahmadinejad in sei anni, ma con Ahmadinejad non parliamo perché è antipatico. (E poi è brutto, diciamoci la verità.)

Tutto chiaro?

Ahmadinejad pare dica che non è proprio così chiaro. Ma se continua a non capire glielo spieghiamo meglio. Però se la deve meritare, la nostra spiegazione. E siccome siamo stati così chiari in Afghanistan, Irak, Libano e striscia di Gaza, e siccome al confronto l'Iran è una piccola dittatura sudamericana tipo Panama sotto Noriega, dovrebbe andarci ancora meglio di prima, commettendo esattamente gli stessi giustissimi errori.

Poi c'è chi dice che l'Iran è una nazione, tipo di quelle toste, che persino i dissidenti più agguerriti e magari in esilio, se sapessero che laggiù gli iraniani si stanno meritando le stesse belle cose che si sono meritati i palestinesi, magari persino loro nel loro piccolo s'incazzano, mentre dovrebbero ringraziarci, perché noi tutte queste fatiche le facciamo tutte per loro, che gli vogliamo bene e gli vogliamo regalare la democrazia, che è quella cosa che un giorno uno vota per meritarsi altre bellissime cose nuove. Ma pare che siano dicerie, roba blasfema da intelligence, che in inglese significa malelingue. Sono gli stessi che dicono che in Iran si vota già, non proprio come da noi che ci meritiamo Berlusconi, loro sono un Paese di sfigati mica possono avere tutto subito, ma comunque dicono che si vota, laggiù.

Però io mica ci credo.

giovedì 25 dicembre 2008

martedì 16 dicembre 2008

Yes, we jam

Sequestrate dai Nas per motivi di igiene politica tutte le marmellate abruzzesi. Troppe impronte digitali dentro i barattoli.




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mercoledì 10 dicembre 2008

Cani (con la coda) di paglia

Su "la Stampa" di oggi, il direttore di Raidue Antonio Marano giustifica nei seguenti termini la scelta di trasmettere lo scorso lunedì sera una versione de I segreti di Brokeback Mountain priva delle scene d'amore tra Ennis Del Mar e Jack Twist (che a me eran già parse sin troppo caste nell'originale).



Secondo Marano si tratterebbe «solo di una serie di equivoci [un qui quo qua, insomma, tra un "um um" e un "birra e salsicce". O come quando negli uffici pubblici ti dicono: "È tutta colpa del computer!" — NdG], non di cattiva volontà [pace in terra, quindi? — NdG]. Io non censuro nulla, ho mandato in onda senza problemi Tutto su mia madre di Almodóvar» [E capirai! Manco fosse Cani di paglia — NdG]. Il fatto è, sottolinea Marano, che «la Rai sta attraversando un periodo di incertezza, anche psicologica [Questa è storica. La gag del secolo: "La Rai sta attraversando un periodo di incertezza, anche psicologica". Test ai lettori: in questa frase,
secondo voi qual è il termine che scatena definitivamente la vostra ilarità? Consiglio a Nanni Moretti: inserire asolutamente la frase in un prossimo "director's cut" di Palombella rossa, ripetendola almeno quattro volte in tutto il film — NdG], e disguidi di questo tipo capitano [Traduci: "Disguidi, ok? Capitano, ok? Emobbasta rompere i coglioni, ok?" — NdG]. E' un film molto lungo [tagged under "Noi lo avevamo detto". Comunque youtube è pieno di montaggi amatoriali che riducono un intero film a cinque, tre e persino un minuto. Potresti acquistare i diritti presso la Universal Nerds e trasmettere quelli. Poi resta solo da decidere in che punto inserire gli spot, tra i quali il tuo tiggì — NdG], difficile da piazzare in prima serata [Certo, se il palinsesto lo decide un piazzista come te, tutto diventa molto difficile — NdG]. Quando ci siamo decisi per la seconda [buona la prima! — NdG], naturalmente [è stata una scelta naturale, come il Cynar — NdG] abbiamo pensato [mumble mumble... — NdG] alla versione integrale senza verificare sul terminale [Tutta colpa del terminale!] che la versione in possesso della Rai era quella che aveva ottenuto il visto censura. [Allora era un problema di censura o no?] Manderemo in onda la versione integrale il prima possibile» [a scelta, in occasione della prossima morte di Papa o delle dimissioni di Villari — NdG].



Non lo sapevate? Sapevatelo! Ormai si vive in un mondo che censura senza censura e si muore per caso, sbattendo la testa tra quattro muri di gomma e colpiti da proiettili che rimbalzano da pietre ateniesi o estintori genovesi, governati da gente che passa il tempo a sparar cazzate per poi subito smentirle, in assoluta coerenza con se stessi e con lo spirito dei tempi.

Come quando nel film la moglie di Jack dice a Dennis che il suo amato è morto perché gli è esplosa in faccia la gomma di un camion, e l'immagine è talmente grottesca che subito Dennis e il regista Ang Lee vedono un'altra morte, più sgradevole ma anche plausibile.

Complimenti, Marano: con le sue dichiarazioni lei lo ha ucciso una seconda volta.

Jack, I swear...

venerdì 14 novembre 2008

La sentenza è sempre quella

"Si leggono commenti scomposti, qualcuno forse voleva un processo stalinista ai vertici della polizia? Siamo in un paese libero, ci sono state condanne, ma è caduto un complotto e la polizia esce a testa alta da questa vicenda giudiziaria."

Maurizio Gasparri, presidente Pdl al Senato della Repubblica.



Con molta compostezza e baffoni rasati, indossiamo quindi il grembiulino azzurro e ascoltiamo le motivazioni della sentenza.



kafka


Per gli alunni che non capiscono l'inglish mitteleuropeo, cliccare sulla foto per il corso di traduzione.

lunedì 10 novembre 2008

mercoledì 22 ottobre 2008

There will be blood

A mio cugino: lui sa perché, lui sa cos'è, lui sa dov'è




Non permetterò l'occupazione delle università. L'occupazione di luoghi pubblici non è la dimostrazione dell'applicazione della libertà, non è un fatto di democrazia, è una violenza nei confronti degli altri studenti che vogliono studiare. […] Avete 4-5 anni per fare il callo su queste cose. Io non retrocederò di un millimetro. […] Convocherò oggi il ministro degli Interni, e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell'ordine per evitare che questo possa succedere.

Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio della Repubblica italiana, 22 ottobre 2008.



A furia di pensare cose orribili, finiscono per succedere cose orribili.

Irwin Molyneux, alias Felix Chapel (Michel Simon) in Lo strano dramma del dottor Molineaux (Drôle de drame, 1937) di Marcel Carné.



Queríamos, pobres de nosotros,

pedir auxilio; pero no hab
ía

nadie para venir en nuestra ayuda.

              PETRONIO

Esergo di Roberto Bolaño, Amuleto, Anagrama Editorial, Barcelona 1999.













Brani della testimonianza di Auxilio Lacouture, Facoltà di Lettere e Filosofia, UNAM, Città del Messico, DF, dicembre 1976.



[…] E così arrivai al 1968. O il 1968 arrivò a me. Ora potrei dire che lo presentii, che ne sentii l'odore nei bar, nel febbraio o nel marzo del '68, ma prima che il '68 diventasse davvero il '68. Ah, mi fa ridere ricordarlo! Mi fa venir voglia di piangere! Sto piangendo? Io vidi tutto e al tempo stesso non vidi niente. È chiaro? Io ero alla facoltà quando l'esercito violò l'autonomia ed entrò nel campus ad arrestare o ad ammazzare tutti quanti. No. All'università non ci furono molti morti. Fu a Tlatelolco. Che questo nome rimanga nella nostra memoria per sempre! Ma io ero in facoltà quando l'esercito e i granatieri entrarono e caricarono gli studenti. Che cosa incredibile. Io ero ai gabinetti, nei gabinetti di uno dei piani della facoltà, il quarto, credo, non potrei precisarlo. Ed ero seduta sul water, con le sottane alzate, come dice la poesia o la canzone, leggendo le delicate poesie di Pedro Garf
ías, e pensare che era morto un anno prima, don Pedro sempre così malinconico, così triste per la Spagna e per il mondo in generale, chi avrebbe mai immaginato che l'avrei letto al gabinetto proprio nel momento in cui i fottuti granatieri entravano all'università. Io credo, e mi si permetta l'inciso, che la vita sia colma di cose meravigliose ed enigmatiche. E di fatto, grazie a Pedro Garfías, alle poesie di Pedro Garfías e al mio inveterato vizio di leggere al gabinetto, io fui l'ultima ad accorgersi che i granatieri erano entrati, che l'esercito era entrato e che stavano caricando qualsiasi cosa si trovasse davanti. Diciamo che sentii un rumore. Un rumore nell'anima! E diciamo che poi il rumore crebbe e crebbe e che a quel punto prestai attenzione a quel che succedeva, sentii che qualcuno tirava la catena di un water vicino, sentii sbattere una porta, passi nel corridoio, e il clamore che saliva dai giardini, da quel prato così ben curato che incornicia l'università come un mare verde intorno a un'isola sempre pronta alle confidenze e all'amore. E allora la bolla d'aria della poesia di Pedro Garfías fece puf e chiusi il libro e mi alzai, tirai la catena, aprii la porta, feci un commento a voce alta, dissi insomma, cosa succede là fuori, ma nessuno mi rispose, tutte le utenti del gabinetto erano scomparse, dissi insomma, non c'è nessuno? sapendo fin da subito che nessuno mi avrebbe risposto, non so se conoscete la sensazione. E poi mi lavai le mani, mi guardai allo specchio, vidi una figura alta, magra, bionda, con alcune, già troppe, rughette sulla faccia, la versione femminile di don Chisciotte, come mi disse una volta Pedro Garfías, e poi uscii in corridoio, e lì mi resi subito conto che stava succedendo qualcosa, il corridoio era vuoto e le grida che salivano dalle scale erano di quelle che rintronano e fanno la storia. Cosa feci allora? Quel che avrebbe fatto chiunque, mi affacciai alla finestra e guardai giù e vidi dei soldati e poi mi affacciai a un'altra finestra e vidi dei carri armati e poi a un'altra, in fondo al corridoio, e vidi le camionette su cui stavano caricando gli studenti e i professori arrestati, come in una scena di un film della Seconda Guerra Mondiale mescolato con un film di Maria Felíx e Pedro Armendáriz sulla Rivoluzione Messicana, un fondale scuro con piccole figure fosforescenti, come si dice vedano certi pazzi o le persone in preda ad attacchi di panico. E allora io mi dissi: rimani qui, Auxilio. Non permettere, bambina, che arrestino anche te. Rimani qui, Auxilio, non entrare volontariamente in questo film, bambina, se vogliono infilarci anche te si prendano almeno il disturbo di venirti a cercare. E allora tornai nei gabinetti e guarda che combinazione, non solo tornai nei gabinetti, ma tornai al gabinetto, proprio lo stesso dov'ero stata prima, e tornai a sedermi sulla tazza del water, voglio dire di nuovo con le sottane alzate e le mutande abbassate, pur senza alcuna urgenza fisiologica (dicono che precisamente in casi come questi l'intestino si liberi, ma non fu certo il mio caso), e col libro di Pedro Garfías aperto, e sebbene non avessi voglia di leggere mi misi a leggere, lentamente, parola per parola e verso per verso, e all'improvviso sentii dei rumori in corridoio, rumori di stivali? rumori di scarponi chiodati? oh, basta, mi dissi, troppe coincidenze, non ti pare? e allora udii una voce che diceva qualcosa del tipo che era tutto a posto, può darsi che dicesse qualcos'altro, e qualcuno, forse la stessa carogna che aveva parlato, aprì la porta del gabinetto ed entrò e io sollevai i piedi come una ballerina di Renoir, le mutande come manette intorno alle mie scarne caviglie, impigliate in un paio di scarpe che avevo allora, dei mocassini gialli comodissimi, e mentre aspettavo che il soldato ispezionasse i gabinetti uno per uno e mi preparavo, giunto che fosse il momento, a non aprire, a difendere l'ultimo baluardo di autonomia dell'UNAM, io, una povera poetessa uruguayana, che amava il Messico con tutta se stessa, mentre aspettavo, dico, si fece un silenzio speciale, come se il tempo si frammentasse e corresse contemporaneamente in diverse direzioni, un tempo puro, né verbale né composto di gesti o di azioni, e allora vidi me stessa e vidi il soldato che si guardava rapito nello specchio, tutti e due immobili come statue nel gabinetto delle donne del quarto piano della Facoltà di Lettere e Filosofia, e questo fu tutto, poi sentii i passi che si allontanavano, udii la porta che si richiudeva e le mie gambe sollevate, come per decisione propria, ritornarono alla loro posizione originaria. Dovetti rimanere così per tre ore, immagino. So che cominciava a imbrunire quando uscii dal gabinetto. La situazione era nuova, lo ammetto, ma io sapevo cosa fare. Io sapevo qual era il mio dovere. E così mi arrampicai sull'unica finestra dei gabinetti e guardai fuori. Vidi un soldato sperduto in lontananza. Vidi la sagoma di un carro armato o l'ombra di un carro armato. Come il portico della letteratura latina, come il portico della letteratura greca. Ah, mi piace così tanto la letteratura greca, da Pindaro fino a Ghiorgos Seferis. Vidi il vento che percorreva l'università come se si beasse degli ultimi chiarori del giorno. E seppi quel che dovevo fare. Lo seppi. Seppi che dovevo resistere. Così mi sedetti sulle mattonelle dei gabinetti delle donne e approfittai degli ultimi raggi di luce per leggere altre tre poesie di Pedro Garfías e poi chiusi il libro e chiusi gli occhi e mi dissi: Auxilio Lacouture, cittadina uruguayana, latinoamericana, poetessa e viaggiatrice, resisti. Solo questo. […] Io non riesco a dimenticare niente, dicono che questo è il mio problema. Io sono la madre dei poeti del Messico. Io fui l'unica a resistere all'interno dell'università nel 1968, quando entrarono i granatieri e l'esercito. Io rimasi sola nella facoltà, chiusa in un gabinetto, senza mangiare per più di dieci giorni, per più di quindici giorni, non me lo ricordo.

Roberto Bolaño, I detective selvaggi (1998), traduzione di Maria Nicola, Sellerio Editore, Palermo 2003, pp. 258-66.






martedì 21 ottobre 2008

La vita sognata dei God






Sì, il Paradiso esiste. È un posto dove si può guardare, toccare e ridere.

Me lo ha rivelato Robert Mitchum in persona, apparsomi in sogno nella notte tra il 6 e il 7 dicembre 2005.

domenica 19 ottobre 2008

Non correre papà

Ora ha deciso di fare la bella statuina da solo.



Veltroni: "E' rottura con Di Pietro"

Il leader del Pd ospite a "Che tempo che fa": «Lontano dal nostro alfabeto democratico».



(fonte: lastampa.it)

venerdì 17 ottobre 2008

Crisi alimentare a casa mia se dice morti de fame

Non vorrei lasciarvi senza dirvi ancora una cosa. C'è la crisi finanziaria. Ma non va dimenticata l'altra crisi:  la crisi dei prezzi del petrolio e delle materie prime, in particolare delle materie prime alimentari, che sta colpendo in pieno i Paesi in via di sviluppo. Nei Paesi più poveri essa continua, c'è gente che continua a morire di fame, i bambini continuano a essere denutriti, con conseguenze che si trascineranno probabilmente per decenni.

Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del FMI, intervistato al telegiornale francese di France2 il 9 ottobre 2008.




Eppure che è la fame? Un vizio! È tutta 'n'impressione! Ah, se nun c’avessero abituati a magna', da regazzini…

Vittorio Cataldi detto “Accattone” (Franco Citti) in Accattone (Pier Paolo Pasolini, 1961).



— Ma cosa fanno? Perché vengono qui?

— Una sorta di istinto. La memoria, di quel che erano abituati a fare. Questo centro commerciale era un posto importante, nella loro vita.

Francine (Gaylen Ross) e Stephen (David Emge) in Zombi (Dawn of the Dead, 1978) di George A. Romero.




A QUESTO PUNTO, NON RESTA FORSE ALTRO CHE THE SAME OLD MODEST PROPOSAL

(ATTENZIONE! ANIME SENSIBILI ASTENERSI)







giovedì 16 ottobre 2008

Il secondo sarà Francisco Franco

Spagna/ Il giudice Garzon aprirà 19 fosse comuni della Guerra Civile. Anche quella di Lorca

(fonte: www.asca.it)





Ero bambino e vivevo a Trastevere. Ricordo — stiamo parlando della seconda metà degli anni '70 — due scritte verniciate di bianco su due colonne di un palazzo moderno, nella stradina dove abitavo, che nessuno cancellò per molto tempo e che mi sono rimaste impresse, forse perché all'epoca non le capivo (i ricordi più vivi della mia infanzia sono proprio legati alla curiosità-terrore per tutto ciò che mi appariva misterioso: la serie televisiva Olocausto, il film 2001: Odissea nello spazio). Le scritte dicevano:




IL PRIMO È STATO CARRERO BLANCO



IL SECONDO SARÀ FRANCISCO FRANCO




(Anni dopo seppi che c'era un'altra scritta, me lo raccontarono, non ricordo di averla vista. Forse fu cancellata dopo pochi giorni. Ma sarebbe bastato andare due strade più avanti, e avrei letto che le Brigate Rosse volevano uccidere mia madre.)

Ripensandoci oggi, doveva apparirmi come un esempio di dadaismo (anche se all'epoca non conoscevo il dadaismo, ma Fonzie, Jeeg Robot d'acciaio e Capitan Harlock): la rima, e quel "Blanco" che veniva a ribadire il colore della vernice.

"Il primo è stato Carrero Blanco / Il secondo sarà Francisco Franco": un distico che mi resterà inchiodato in testa fino alla morte, alzheimer permettendo. Non una madeleine; piuttosto, un duende.



Agosto 2007: sono passati almeno trent'anni. Passeggio per le strade della mia infanzia. Vorrei portare una persona a vedere dove abitavo, quando avevo la sua età.

Ma poi a volte il tempo si ferma, come nel "Miracolo segreto" di Borges. Infatti :



blanco