martedì 22 marzo 2005

Cossa che xe el papiro ? /2

Riprendiamo da dove lo avevamo lasciato lo svolgimento dell’incarico di Serena


IL PAPIRO DI G.O.D: SOLUZIONE AULICA (alta cultura fra le colture della bassa veneta)


Non conoscendo la mamma di Ludmilla, il presente papiro sarà generico e corretto.

In particolare dei protagonisti saranno occultati gli estremi e financo, ahimè, le estremità.

Peraltro, ignoriamo se, quanti e quali degli attuali morosi -o forse sarebbe più appropriato scrivere "actuels copains"- di Ludmilla saranno presenti alla celebrazione. Anche perché nessuno, nemmeno Ludmilla, è in grado di tenere il conto dei summenzionati.

Per non offendere nessuno, nessuno sarà nominato. Saremo corretti e cortesi, e non parteciperemo in alcun modo della natura bifida della malalingua.

Ci limiteremo a disseppellire un passato umido e obliato, embrione dell'attuale -innegabile, anche ad essere straordinariamente reticenti, come noi- perversione assoluta, granitica e tonitruante della laureanda.



In quel tempo, dicevamo, Ludmilla era solita lottare contro la torva monotonia del suo ambiente e del suo essere, autoinfliggendosi non solo insulse peregrinazioni, ma vere e proprie deportazioni, degne di cause ben più nobili -leggasi, exempli gratia, la deportazione dei terroni, ma codesto e' un tema a latere che non svilupperemo-.

A muoverla era il nobile ideale che strappa i più valorosi dei nostri pennelloni al loro naturale destino di spaccapietre e raccogliravanelli: il simbolico, freudiano gesto di ficcare una palla -enorme!- dentro un cesto. Gesto tanto più fatuo, e quindi estetico, quanto più il cesto e' perforato, lasciando precipitare la palla immantinente al suolo.

Estatica dell'estetica Ludmilla s’inabissa nella più oscura delle odissee: Mira, Schio, Latisana, addirittura San Giorgio di Nogaro, Rovigo, al seguito delle lunghe leve -honni soit qui mal y pense- dei giovani delle serenissime leghe -idem-. Per motivi eufonici, ci starebbe bene "seghe", ma la rinuncia alla volgarità ci impone talora di elidere financo lacerti di verità. Desolées.


Rassegnatevi, morosi: era vero amore. Il resto, tutte le storie che ben vi ha confessato, o forse no, era pura questione di (20+3) per la parte intera di pigreco, un po' po' d’aggrovigliamenti, soffoconi, forbici tailandesi e bukkakes. Ma amore no.


L'amore era solo per la palla nel cesto.


(D'accordo, o morosi, la storia di Long Jeff se la poteva risparmiare, tanto più che non risparmiò al giovane il ritorno alle natie piantagioni, e anche quella del cosiddetto "muflone uzbeko"o "montone kurdo", di cui certo avete ripercorso i dettagli meglio di noi).

Ma tornando al tema principale, rileviamo la profonda discrasia strategica di Ludmilla: perché rincorrere ipotetiche lunghe leve per Cadoneghe e Rovigo, se vi regna una nebbia perpetua che rende invisibili non diciamo la palla e il fatidico cesto, ma addirittura i giocatori?

Come chi non vede, Ludmilla aveva sviluppato una dote suppletiva: un naso sopraffino e un trasporto mistico, quando non del tutto libidinoso, per gli odori. Come il Novecento baricchiano spia e ruba le cose del mondo dai passeggeri transitanti sul naviglio da cui lui non uscirà mai, così Ludmilla leggeva l'avvenenza negli aromi traspirati dai suoi eroi. E se ne inebriava. Contenta lei.

Ma fu a Monselice che un raggio di sole in fuga dal microclima euganeo squarciò il conforto lattiginoso della cecità: e l'agnizione fu che il maschiame della serenissima squadra era composto di cessi, o meglio "scoasse", come ebbe ad esprimersi la nostra.

Come reagire ad una crisi sì profonda? Come sopravvivere al crollo del proprio muro di Berlino? Come riorganizzare un sistema di valori dopo la morte delle illusioni? Adornato è diventato fascista, Leopardi gobbo e depresso e Ludmilla? Lei approda alla follia, o al miracolo.

L'idea è semplice e geniale, come sempre, e ha la trasparenza euclidea di un assioma: la vista è ingannevole, la verità è nell'olfatto. Se la prima parte puzza (pardon) di Siddharta, la seconda è originale e rivoluzionaria.

Per chi non capisse, traduciamo: un amante figo, ma che tanfi come un porcaio pasoliniano, dai e dai diventa insostenibile e l'orgasmo ti fa ciaociao. Viceversa, con un amante anche fisicamente repellente, ma dall'odore sopportabile, basta chiudere gli occhi. Rifiorisce all'orizzonte un timido barlume di prospettiva di speranza, di progetto, di orgasmo.


Capito, morosi, perché sempre nei campi di lavanda?

2 commenti:

  1. Ci giunge via email, il commento di Serena, che riportiamo con il suo consenso



    Una folgorazione sulla via di Damasco!!!! Come si fa a non credere in GOD o a diffidare delle sue infinite possibilità???? Pentita, pentitissima del papiro prodotto da tre menti obnubilate dall’alcol, nella fretta di concludere l’operazione prima di salire all’alba su di un pulmino zeppo di parentame dell’amica Ludmilla (viaggio fantozziano, tra il caligo, quello vero, della pianura padana) ho dovuto abbandonare alla solitudine del mio computer quello che reputo un vero capolavoro(!!!!) e partirmene con un rotolo grondante oscenità.

    E invece GOD, che tutto sa e tutto ascolta, si era persino prodotto in qualche pennellata (!) di vernacolo e ciò gli fa davvero onore.

    Ma è nel turbinio metaforico dell’elogio della pallacanestro (nei suoi risvolti freudiani che in decenni di onorata carriera non avevo mai colto), nel delicato gioco di richiami aulici alle esperienze mistico-carnali della nostra amica, nel geniale compenetrarsi – e dai!, non faccio apposta – del tema dell’odore con lo sport nobile del basket, che GOD ha dimostrato tutta la sua onnipotenza. E noi, fedeli assaliti quotidianamente da dubbi metafisici d’ogni sorta, non possiamo che inginocchiarci commossi alle lacrime.

    No! Sul serio. Era bellissimo! Forse gli universitari zoticoni della maxi-festa di Liudmilla (abbiamo libato orgiasticamente per un intero triduo) non avrebbero colto interamente ogni finesse, ma se umilmente mi posso permettere, è un genere su cui potreste cimentarvi ancora, pubblicizzando il servizio sul blog.

    Al prossimo miracolo.

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  2. E'sempre un piacere avere clienti sodisfatti e noi, modestamente, avemmo

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