giovedì 26 marzo 2009

Lezioni di letteratura vissuta

Lezione n° 3: Coltiva l'arte della concisione.



Presempio.



Applicazione sbagliata:



La visita apostolica in Africa di Benedetto XVI si sta avviando alla conclusione. Dopo il breve ma intenso soggiorno in Camerun, adesso è il momento dell’Angola, dove il Papa trascorrerà le ultime ore di permanenza.

I media occidentali hanno posto l’attenzione prevalentemente sulla questione struggente delle malattie infettive, vero flagello del continente. Il fatto è che la diffusione dell’Aids in terra d’Africa è veramente allarmante. In questo senso, ad alcuni osservatori erano parse provocatorie e inopportune quelle dichiarazioni espresse nei giorni scorsi dal Papa secondo il quale «non si può risolvere il flagello con la distribuzione di preservativi, perché il rischio è di aumentare il problema». Le attente valutazioni di Benedetto XVI, a ben vedere, sono state però perfettamente rispondenti alla complessità del problema, e non ferme esclusivamente all’indicazione di un divieto. Per combattere il male, si deve andare alla radice ultima dei motivi umani che impediscono l’arrestarsi della diffusione massiccia del contagio. Se si trattasse unicamente di distribuire mezzi di protezione della sessualità, in fondo il dramma dell’Aids non sarebbe così oneroso. Basterebbe inviare qualche decina di milioni di contraccettivi, e tutto tornerebbe a posto in breve tempo. Il rimedio all’epidemia consiste, all’opposto, nell’eliminazione delle vere ragioni che stanno al fondo dei comportamenti, non limitandosi esclusivamente alle conseguenze devastanti che ne derivano. Il primo fine è garantire una formazione culturale adeguata e sufficientemente diffusa tra la gente, cosa effettivamente quasi impossibile laggiù. Perciò è indispensabile la collaborazione coerente e perseverante di tutte le istituzioni, nazionali ed internazionali, che hanno la possibilità e la facoltà d’intervenire. Avviare un processo d’umanizzazione in Africa significa concretamente considerare che la crescita civile e culturale della popolazione riposa nell’acquisizione di una consapevolezza morale e spirituale sempre maggiore: vuol dire investire in scuole e non in profilattici. La mancanza d’istruzione, infatti, crea per primo l’incapacità di gestire umanamente la sessualità. E la famiglia rimane l’unico nucleo sociale entro cui la sessualità raggiunge il proprio compimento, e sul quale la politica dovrebbe convogliare tutti i propri sforzi. È chiaro inoltre che un processo stabile di sviluppo formativo non può fare a meno di combattere l’irrazionalità delle credenze magiche. Il Papa ha rilevato in questo senso, nell’omelia di ieri a Luanda in Angola, l’intimo legame che tiene unita la crescita della religiosità cristiana con l’affermarsi di una razionalità in grado di sconfiggere culturalmente stregoneria e superstizioni.

Quest’ultimo aspetto, poco messo in risalto dalla stampa, è un monito diretto ai governi dei paesi africani, spesso decurtati da corruzione, da debiti e da opportunismi economici, ad impegnarsi realmente per far fronte ai drammi impellenti dei loro popoli, non abbandonandoli completamente a se stessi. In conclusione, dunque, se visto nella giusta angolatura e ascoltato in tutto il suo spessore argomentativo, il messaggio complessivo di Benedetto XVI ha colpito nel segno, esortando le autorità pubbliche a recuperare la propria autentica funzione etica e sociale. E quest’esortazione vale non solo in luoghi della terra dove le risorse e le prospettive umane sono così scarse come in Africa, ma anche laddove la condotta è ridotta ormai a mera pratica utilitarista come in Occidente.

Benedetto Ippolito, Oltre i preservativi. Ben oltre la superstizione. — La risposta sta nell'educazione, "Avvenire", 22 (o 23) marzo 2009.



Applicazione corretta (clicca su "Continua a leggere")



Sono una psona democratici, ho rispetto per gli omosessuali e i negri, purché i due fenomeni non si presenta contemporaneamente.

Brunello Robertetti.

4 commenti:

  1. "Laggiù"?

    "gestire umanamente"?

    Meno male che c'è Benedetto ad aiutare i boveri negri.



    By the way, questa è la vera "eliminazione delle vere ragioni che stanno al fondo dei comportamenti"

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  2. Eh già, l'ultima donna non si scorda mai.

    Tristi topiche, caro Bogenschué: dopo "Tintin au Congo", "Benedetto nel Paese dei baluba". Io l'incontro tra Ippolito e un indigeno incapace di "gestire umanamente la sessualità" me lo immagino così:



    — Um shuba baca laca duba shaba duba shuba baduba aba du.

    — Be’, altrettanto… Che ha detto?

    L’indigeno Venerdì (Floyd Shackelford) dice shaba duba a Bruce Kellogg (Weldon Heyburn) durante un safari più o meno africano in Jungle Man (Harry Fraser, 1941).



    Ma se oltre a esser negro, il baluba è anche frocio (e magari pure ebreo circonciso senza preservativo, il che aumenta il problema), allora:



    Ho incontrato un’amica di Mimì, Judith. Non fa più la vita e ha una gelateria. Non era contenta di vedermi, ma dato che son sempre stato very british ho finto di non capire. “Solo panna!” ho ordinato. Mentre mi serviva, si è messa a parlare di Mimì, “quella disgraziata che non ha mai avuto la testa sulle spalle, che andava pure coi neri”, cose così. L’ho presa da dietro, a pecorina, per essere esatti, con quell’ostinato rigore che mi caratterizza.

    João de Deus (João César Monteiro) in Ricordi della casa gialla (João César Monteiro, 1989).

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  3. Il meglio è il percorso di umanizzazione dell'africa. Sicuri che non si tratti di Ciro Ippolito?

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  4. Percorso accidentato in effetti, si rischia facilmente di sbandare a ruota libera (anche nel senso francese di "débander", che almeno diminuirebbe il problema).

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