giovedì 4 giugno 2009

Prima del big bang

Prima del big bang non c'era nulla

e quello che è successo dopo lo sappiamo.

Ma ignoriamo completamente

quello che è successo

tra il big e il bang

On. Min. A. Fruzzetti







Il bambino di cinque anni dice pof pof, lo dice in fretta, poi si volta e si allontana seguendo la battigia. Il raschiare dei ciottoli sotto i suoi piedi è indistinguibile dalla risacca. I suoi compagni, quasi tutti più grandi (uno di loro oscenamente più grande) lo guardano allontanarsi come si guarda un'equazione irrazionale.

Poi si allontanano anche loro, anche loro seguendo la battigia, ma in direzione opposta. Dopo venti, cinquanta metri uno di loro salta in aria, come se tra i ciottoli fosse nascosta una mina, ricade per terra e si contorce. Gli altri non hanno il tempo di comprendere perché immediatamente dopo uno di loro salta su un'altra mina. Come in una sequenza irregolare, come in un proiettore inceppato o in un video che si carica a scatti, tutti saltano, cadono e si contorcono.

Tutti tranne uno: l'osceno. Quello che fanno è ridere. E quello che non ride è Altamente.



Rincorro il bambino di cinque anni, cerco i suoi occhi che sfuggono ai miei senza mai perdere un'espressione di magnifica concentrazione. Come ti chiami? Quando parli a un bambino devi sempre chiedergli come si chiama, e lui dice che si chiama Canovacci. Ma Canovacci non è mica un nome, sai, certo che lo so, è un cognome, il mio cognome.

A questo punto mi guarda. E assomiglia davvero a un'equazione irrazionale fratta che se non stai attento ti sommerge di soluzioni nessuna delle quali, però, a analizzarla correttamente, la risolve davvero. Cerco di analizzarlo correttamente.



- E il tuo nome?

- Dopo. Forse.

Pausa.

- E io mi chiamo Fruzzetti.

Non mi chiede il nome, sa che verrà dopo, forse, io so che verrà dopo, forse, ma comunque prima del suo. Restiamo a guardare il mare, tiro qualche ciottolo nell'acqua per imbarazzo o per spezzare il ritmo dei diocàn che giungono dai ragazzi dietro: giocano a biliardino detto anche calcio-balilla, o a un gioco strano, in cui una pallina rotola senza strisciare su un piano inclinato sul quale è tracciata una strada stigmatizzata da fori dove la pallina (di metallo) può essere inghiottita, e il ragazzo deve (müßen, più che sollen: giuro) evitare che la pallina sia inghiottita, e ogni volta che accade l'ingoio dice diocàn, ogni volta che per miracolo la pallina resta in pista dice diocàn, ma in modo completamente diverso, fino a quando finalmente traspare che diocàn è una lingua perfetta e assoluta che può esprimere tutti i sentimenti umani ma anche concetti astratti e sicuramente buona parte della scienza (e della storia) del ventesimo secolo o di qualsiasi altro secolo si scelga di considerare. C'è chi dice che i ragazzi siano semplici come derivate, dritti come simboli di Leibniz, ma chi ha sentito la loro lingua sa che possono fondersi come segni di integrale e decomporsi, d'incanto, come polinomi nel campo complesso.



Canovacci, cinque anni, segno zodiacale ignoto come il nome proprio, disprezza il lancio di pietre nell'acqua.

- Ti ho sentito prima.

- ....

- Ho sentito cosa hai detto.

- Quando?

- Quando lo hai detto.

- Cosa?

- Pof pof.

- ....

- Vorrei che mi raccontassi la storia.

- ....

- Quello che hai detto prima.

- ....

- Il mondo prima del pof pof.



Sorride a metà, sfumato, come in una vecchia canzone di Billy Joel. Restiamo ad ascoltare i ragazzi, circonferenze che si toccano a formare l'infinito.

All'improvviso:

- C'è un goloso, un ladro e...

...e una forza soprannaturale mi solleva dalla battigia, come un siluro che arriva dagli antipodi, passando per il centro della terra. Ricado e ho convulsioni insostenibili: rido, rido, rido. Quando mi riprendo, Canovacci-cinque-anni mi guarda come una soluzione ben definita che esiste ed è unica. E dice.

- Te devi essere l'uomo più intelligente di tutti i tempi.

- ...

- ...

- Sì, è precisamente come hai detto. Devo. Ich soll.

- ...

- Ma ti giuro che se potessi scegliere



3 commenti:

  1. Sottotitolo pupavattoso: "Una storia di polinomi e policognomi".

    P.S.: diocàn.

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  2. Ai molti che gli chiesero di dipingere nelle loro case scene di caccia e di bagni, di uccelli e di fiori, disse di no, senza spiegazioni. Un giorno salutò per sempre gli amici e partì. Dopo un lungo viaggio a cavallo giunse in un minuscolo villaggio fra le rocce, comprò una casa sulla spiaggia e visse a lungo in pace, facendo il pescatore.

    Queste cose racconta Roberto Piumini, ne "Lo stralisco" (Einaudi, 1987), del grande pittore turco Sakumat, che insegnò il mare e i prati a un bambino che per una strana malattia viveva rinchiuso tra le pareti domestiche.



    bianca

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  3. p.s.:

    Volevo dire che questa storia pof pof mi è piaciuta, se non si è capito.

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