sabato 23 maggio 2009

I padri sono un racconto

Il volto di lei.

Il volto dell’altra.

Il volto di lei.

Il volto dell’altra.

Il volto di lei.

Il volto dell’altra.

“Datemi ducento milioni di ’omparse!!!”

Urlo di uno spettatore toscano durante la proiezione di Persona (Ingmar Bergman, 1966) in un cinema di Firenze. Mio padre era presente in sala, e così me l’ha sempre raccontata.



Tra le sue scartoffie trovai questa bizzarra anamnesi, scritta su un solo lato di un foglio di carta velina con strana cura (pochissime cancellature, grafia chiarissima ma leggera, suppongo per non bucare la carta — ma perché non aver usato una materia più resistente?), che mi sembra una piccola perla di letteratura.




Il primo sintomo comparve all'età di 9-10 anni e fu un caso isolato e, al momento, inesplicabile. Mi trovavo in classe — frequentavo la V elementare — e la maestra mi affidò la scolaresca durante una sua assenza. Si doveva risolvere un problema sulla piramide. Mi accorsi che un mio compagno tentava di farsi fare il disegno del solido dal vicino di banco (ricordo pure i nomi). Quando tornò la maestra, tentai di dire, di riferirle, la scorrettezza che si era verificata in sua assenza: mi alzai dal banco e presso la cattedra cominciai a gesticolare senza riuscire a pronunciare parola sensata: hum, hem e simili suoni tipici di chi «non trova le parole». Le parole infatti non le trovavo. Era più l'imbarazzo che il panico. Ma alla fine feci come i muti: mi portai "al banco degli imputati" e mostrai i colpevoli rifacendo la scena e, finalmente, ritrovando, faticosamente, le parole. Sembrava un fatto senza importanza. Un anno o due dopo — all'età di 11-12 anni — ebbi una convulsione nel sonno con conati di vomito. Il mio medico curante, anche se sospettò qualcosa, diagnosticò un'indigestione causata dal fritto pesce mangiato la sera precedente. È da quell'epoca che non mangio più pesce fritto.



Giuro che finisce così. Come se il vero scopo del testo non fosse quello di tracciare le origini di una malattia del soggetto, ma il suo rapporto col pesce fritto.











Altri pesci, altri padri. Non so perché, ora questo testo mi fa pensare a quest'altro. Sarà che per un anno intero mio padre si ritrovò con un enorme brufolo sul labbro sinistro, e allora si lasciò crescere un baffo, per nasconderlo. Un baffo solo. E anni dopo capitai su un'immagine e capii che i padri sono un racconto, come lui stesso mi scrisse all'inizio di una lunga lettera. Sì, sono un racconto. Ma un racconto surrealista.

12 commenti:

  1. Mio padre, quando vedeva un film in tv tormentava mia madre con

    "Letizia, chi è pure quell'attore lì ? Dai, è famoso... Ferdinand... no... DAI CHE LO SAI ! C'era anche in quel film.. dai, quello che piaceva tanto alla.. alla cosa, alla...".

    Mia madre sbuffava, rimuginavano insieme un po' e poi uno dei due sillabava, centellinando la vittoria: "F R E D R I C M A R C H".

    "I magnifici sette" - come tanti altri film - l'ho visto con mio padre. "Big Fish" no, la sedia era vuota.

    E quindi, nel suo introverso modo friulano, anche lui è diventato un racconto

    RispondiElimina
  2. mi padre invece è un cortocircuito vivente. Ieri in un raptus di follia volevo strangolarlo. Porta con se mille marchingegni tecnologici. C'ha pure un coso che se schiacci il bottone ti misura in automatico l'intero perimetro del quartiere. Il TomTom (come cazz si chiama...) se lo parta anche sull'autobus!

    Mio padre in un altra vita era un giapponese! Ne sono certa!

    http://www.youtube.com/watch?v=4upe6YunF4s

    yagababa

    RispondiElimina
  3. Lo so che ti piace, quel film.

    Fredric March, attore amatissimo sia da mio padre sia da me. Il miglior Jekyll e Hyde.

    Invece Ferdinand è Bardamu, ma se commetti un errore di cozze puoi chiamarlo Ferdinaud Céline, ed è un capolavoro di Pierre Siniac. Poi ci sono Anna Karina e Bébel, e lei gli dice "Pierrot" e lui "Appelle-moi Ferdinand". Ma in un altro momento lei "Ferdinand?"; e lui "Appelle-moi Pierrot".

    Però con ho mica capito cosa c'entrano, "I magnifici sette".

    RispondiElimina
  4. Scusate ... ma non erano i 7 Samurai?

    yagababa.

    RispondiElimina
  5. è forse il primo film "da grandi" che ricordo di aver visto al cinema

    RispondiElimina
  6. no, erano "Biancaneve e i magnifici sette Samurai", un po' come "Quel pomeriggio di un mercoledì da leoni"

    RispondiElimina
  7. Pensa te che forse il mio è "Dersu Uzala", sempre di quello là. Fu uno dei film che mi fece più paura in tutta la vita, credo a causa della tigre, e forse anche per il sottotitolo, "Il piccolo uomo delle grandi pianure", che evocava incubi agorafobici.

    RispondiElimina
  8. Spero di diventare un racconto così.

    RispondiElimina
  9. io sto già diventando una barzelletta. Vecchia, oltretutto

    RispondiElimina
  10. anche io lo adoro! Andai sola a vederlo.Alla fine del film ricordo che chiamarono i bagnini di Baywatch...e qualcuno purtroppo morì affogato.



    yagababa

    RispondiElimina
  11. questa è la scena delle lacrime...

    http://www.youtube.com/watch?v=PGticub-SpQ&feature=related



    yagababa

    RispondiElimina
  12. Il primo film da grandi ?

    La lunga estate calda. Con papà e mammà.

    Ma il ricordo più nitido è aver pianto per cinque ora per guadagnarmi la prima de "Gli aristogatti".

    RispondiElimina