lunedì 4 maggio 2009

La fine della carta stampata


Una caccia alla spazzatura è come una caccia al tesoro, solo che in una caccia al tesoro si cercano cose che si desiderano e nella caccia alla spazzatura cose che non vuole nessuno, e non si vince nessun premio perché alla fine tutti i soldi che rimangono vanno in beneficenza, solo che non ne rimangono mai.

Irene Bullock (Carole Lombard) ne L’impareggiabile Godfrey (My Man Godfrey, 1936) di Gregory La Cava.




Ricordo, mi dissi che era giunta il giorno in cui "la Repubblica" scelse di pubblicare in prima pagina a caratteri cubitali e in non so quante colonne la lettera che Veronica Lario scrisse al direttore della testata per chiedere le scuse al marito, l'allora e tuttora Presidente del Consiglio della Repubblica italiana Silvio Berlusconi.

Da due giorni scorro sconsolato i giornali e la loro miserabile propaggine virtuale: pagine e pagine di carta vera o finta ma sempre straccia, di fotografie vagamente pedofile, di gossip che umilierebbero persino il quoziente intellettivo di uno zombi digiuno di carni umane dal 1968, anno in cui uscì dalla tomba per fracassare il cranio di quel cretino di Johnny ("They're coming to get you, Barbara…").

Punto 1: Non me ne frega assolutamente nulla.

Punto 2: Non ho alcuna opinione personale e neppure minimamente morale riguardo fatti privati che colpiscono (?) persone di cui non riesco neppure lontanamente a immaginare l'esistenza. Oltre un certo reddito, la "vita degli altri" diventa pura fantascienza. Li ascoltassi con le cuffie in testa come in quel film osannatissimo e mediocrissimo, sarebbe come sentir gente che parla arabo. Le loro intercettazioni telefoniche me le immagino scritte in Lineare B.

Punto 3: Lascio ad altri il compito di ripetere, per l'ennesima volta, che tutto questo bailamme è affatto coerente con il berlusconismo, forse la sua natura più profonda. Un conflitto d'interessi che alla fine fa sì che tutta l'attenzione, la passione e l'informazione si concentri sui suoi interessi. E lo consideri normale, e consideri che questa è la prova definitiva che il problema del conflitto d'interessi è un'inutile, vecchia solfa. È vero, infatti: quest'ultima, patetica puntata ne sancisce l'apoteosi. Da questione superata si trasforma in questione sublimata. Silvio Berlusconi divorzierà da Veronica Lario. E si risposerà con l'Italia tutta.



Il punto che mi interessa è un altro. Il punto è che sono stufo di sentir ripetere che quel che viviamo da quindici anni rappresenta la vera anima del Paese, e ancor più stufo di quelli che si scrollano di dosso la responsabilità dicendo che non è cambiato nulla, che la realtà è sempre stata questa, che il più pulito aveva la rogna. Pure Veltroni disse che non era meglio, prima. La breve e inutile storia del Partito democratico, fatta di coraggio  western fine a se stesso (corro da solo!) e di contraddizioni disinvoltamente esposte al pubblico ludibrio è solo l'ennesima diserzione delle élites. Infatti è scomparso, Veltroni. È scomparso perché prima era meglio. De Gasperi? Foa? Spinelli? Bobbio? Togliatti? Dino Risi? Antonioni? Fellini? Pietrangeli? Pasolini? Landolfi? Gadda? Calvino? Sciascia? Paolo Conte?

Macché. Nessuno di questi avrebbe avuto un minuto di celebrità, se non ci fosse stato il contesto adatto.

In principio era lo stile. Questa nazione aveva uno stile, cazzo. Lo so, altrimenti da trent'anni che vivo in terra straniera cosa mi costava, a parte la fobia delle scartoffie e il terrore ebraico della Legge e delle prefetture, stracciare il passaporto e cambiare cittadinanza? Questa nazione aveva uno stile. Anche la sua cialtroneria era uno stile, e ho sempre pensato che se sono nato è anche grazie all'inefficienza statale, e non per quel che sostiene un condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa
, storico improvvisato cui un giornale storico concede libertà di parola affossando sempre più la propria credibilità (agli occhi del mondo tutto, te lo garantisco, caro De Bortoli, anche se fingi di non vederlo lo sai benissimo che l'Italia è un paese in quarantena da 15 anni, e che la diffusione di questa disgustosa intervista, ennesima e tragica diserzione, ritarda di anni e anni la libera uscita dal manicomio). Anche quando raccontava la cronaca nera, che assieme al bianco è sempre (sempre) l'orizzonte del rosa, come di tutti gli altri colori. L'ho pensato oggi, mentre leggevo queste pagine, di cui riporto l'inizio: le puoi vedere cliccando sul "continua a leggere", a destra dopo il filmato, che devi guardare, altrimenti quel che segue non te lo meriti : l'unica cosa che ti saresti potuto risparmiare era il pistolotto che ti ho inflitto finora, ma se sei ancora qui vuol dire che ci sei cascato e allora peggio per te. Devi sapere che  quel che leggerai è solo l'incipit: il testo integrale è lunghissimo, almeno 15 cartelle.  E in quelle 15 cartelle, fingendo di osservare un buco della serratura, si racconta la storia di tutto un Paese. La carta stampata cominciò a morire quando decise di vietare a priori gli articoli lunghi, di questo sono convinto da molto tempo. Ora pare che persino sui blog non funzionino più, infatti qualche tempo fa abbiamo coniato l'etichetta "morte del testo lungo".

È un fottuto Paese fottuto, il nostro. Non ce lo meritiamo più, Alberto Sordi. Lo abbiamo sublimato.



















Como, settembre.




I personaggi del dramma erano tutti a tavola nella stessa sala come nelle tragedie di Shakespeare. I primi a volersene andare furono i conti Bellentani. Il marito era stanco e gli doleva una spalla. Allora la contessa Pia andò verso il guardaroba e tornò poco dopo. Pareva che tenesse nascosto qualcosa sotto la pelliccia di ermellino, tra il braccio sinistro e il fianco. Qualche minuto dopo, l'industriale Carlo Sacchi di Como giaceva sul pavimento con un proiettile calibro 9 nel sesto spazio intercostale sinistro. La contessa Bellentani, appoggiata al muro con le spalle, gridava parole incomprensibili, aveva ancora tra le mani la pistola, se l'era anzi puntata alla tempia destra come se volesse uccidersi. La pelliccia le era scivolata sul suolo. Vestiva di raso grigio perla con lunga scollatura a punta e due spalline sottili. Davanti a lei l'industriale Leopoldo Surr e il signor Robert Bouyeure. Il Surr le tolse di mano la pistola, il Bouyeure le diede due schiaffi. Seduta di fronte alla Bellentani, la cronista mondana Elsa Haerter. La sorella del Sacchi, Ada Locatelli, e la moglie, Lilian Willinger, erano inginocchiate accanto al moribondo: la gran sottana rigata di Ada Locatelli si allargava per terra, accanto alle gambe rigide del fratello. Una terza donna, la signora Mimmi Guidi, dal volto pallidissimo, si gettò a terra anche lei, e strinse le mani del Sacchi. "Non potete mandarmi via; ho diritto anch'io di stare qui" gridava: ma fu allontanata con durezza dalla signora Locatelli. Per un attimo le donne bianche e scollate gridarono tutte insieme e le loro braccia s'intrecciarono intorno al corpo del Sacchi. Il conte Bellentani stava bevendo un bicchiere d'acqua minerale quando sua moglie aveva sparato. Non aveva capito subito che cosa fosse successo, poi si era avvicinato a Pia. Non era però riuscito a parlarle e si trovava esattamente tra il gruppo della moglie e quello dell'uomo morente. A questo punto la sarta Biki svenne.

Intanto l'orchestra continuava a suonare. Nella sala vicina molte coppie ballavano ancora, un uomo cantava la canzone sentimentale La semaine ed era arrivato all'ultima frase: "Et le dimanche, je te vois".



Camilla Cederna, L'educanda di Villa d'Este, "L'Europeo", IV, 40 (153), 27 settembre-3 ottobre 1948, p. 4.

7 commenti:

  1. Stampo, fotocopio e vado a fare volantinaggio per le strade, picchettaggio all'ingresso delle scuole e delle fabbriche, metto a mazzi nei tavolini dei caffè e distribuisco fin sotto gli ombrelloni. Chiedo di essere esonerata dalle città mercato.

    Bianca

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  2. È da una morte che vado ripetendo agli altri: dobbiamo spalmare il reale, dobbiamo fare reality spamming!

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  3. Dai, alle città mercato ci vado io: temo che se si lasciano fuori ci rimanga ben poco.

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  4. Grazie Arku, è che a me viene la nuvolanza se entro lì. In compenso io tappezzo tutte le botteghe della filiera corta, d'accordo?

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  5. madonna!

    ritrovare la Camilla dopo tanti anni...

    grazie, emozione grandissima



    silviu'

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  6. Benvenuto(a), Silviù, noto il tuo commento solo ora. Mi fa un immenso piacere trovarti proprio subito dopo l'arciere e ringraziando indirettamente per un testo che più traballante non si può. (E qui ci va il trito punto e virgola seguiti dall'annosa parentesi chiusa.)

    Grazie a te, quindi, e torna quando vuoi.

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  7. Adoro il caos ma non la confusione: il commento "proprio subito" prima di Silviù è di Bianca, non di Ulisse.

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