venerdì 22 maggio 2009

Il diplodoco stanco

Dopo quarant’anni di Australia, Cozzani torna a Spezia.

Con il cuore gonfio scopre che c'è ancora il baretto in Piazza Brin

E i suoi amici sono seduti al solito tavolo.

Si avvicina e siede un po’ discosto. I suoi amici continuano a giocare a carte.

Passa mezz’ora. Un’ora.

Alla fine Vergassola, senza staccare gli occhi dalle carte, fa:

“Aloa, Cosàn, te parti?"


Apologo spezzino.



http://www.iloveagrigento.it/wp-content/uploads/2008/06/lo-scheletrone-di-palmaria-a-porto-venere.jpg



È proprio accanto allo Scheletrone dell’Isola Palmaria che ho passato l’estate più bella della mia vita, e quindi il periodo più bello della mia vita, e cioè la fase storica più bella di tutti i tempi. Date uno sguardo alla foto dello scheletrone: accanto, sulla destra c’è una casa di sasso: lì.

È anche giunto il momento di dirla tutta: quella è l’isola di Altamante Fruzzetti. O se non è lei, è lì vicino. Ma non ho un ricordo distinto di Altamante. L’umanità che si muoveva sotto lo scheletrone (e non stuzzicatemi perché posso uscire i nomi e i cognomi, e non è detto che non lo faccia prima della fine del pezzo, o dopo) era emblematica, ma di cosa non so. Gente che viveva in rimesse di lamiera cucinando e offrendo a chiunque improbabili zuppe di pesce che i benpensanti trattavano come organismi decomposti. Gente che parlava (poco) ma soprattutto guardava come se fossero loro i padroni dell’Isola. Rettifico: i Comandanti dell’Isola. Forse Altamante era uno di loro, ma se volete saperlo, ho i miei dubbi: fondati, fondatissimi.

Potrei intrattenervi tutta la notte, ma lasciamo perdere, non solo non capireste nulla, ma soprattutto non capireste che non capite nulla, esattamente come ora non capite che non capireste nulla. E poi se ci andate ora, alla Palmaria, non trovate niente, nemmeno più lo scheletrone.



La prima cosa che mi insegnarono i grandi era che lo scheletrone fa schifo. Peggio: è uno scandalo, una vergogna. La notte mi svegliavo, ma non sudato, tranquillo, e dalla mia stanza sentivo il mare, ovviamente, e dalla finestra vedevo ed ero guardato da cinque o sei dei venti o trenta occhi dello scheletrone. In uno di quegli occhi spuntavano delle scarpe da basket, e io, malato dell’amore non dico vero, ma certamente il più vero di tutti i tempi, ossia l’amore delle medie, fantasticavo di saccopelisti tedeschi che lì dentro, in quell’isante preciso, becciavano. E cercavo di ipnotizzarlo, lo scheletrone, per obbligarlo a ospitarmi, il giorno che sarei andato lì a becciare.



Per becciare c’era ovviamente una tecnica molto precisa, ma era segretissima e non si poteva chiedere. Occorreva aspettare che un amico iniziato te la spiegasse. Ma siccome tu dovevi comunque fingere di conoscerla, quella tecnica precisa, nessun iniziato avrebbe mai avvertito la necessità di spiegartela. Il paradosso bloccava la tua esistenza come una ganascia dei vigili (che non esistono) e se qualcosa poteva salvarti era la stellata della Palmaria sopra lo scheletrone. Lo scheletrone si appoggiava alla roccia come un diplodoco stanco, che non ce la fa più, e di notte i suoi occhi formavano una necropoli come Pantalica, ma io non lo sapevo.



Lo scheletrone era una griglia abortita, la sconfitta della geometria contro la vita, qualcosa che avrebbe aperto gli occhi anche a Oscar Amalfitano.

Da Portovenere tutti lo vedevano e i genitori lo indicavano ai figli: vedi, quello è lo scheletrone e tu devi sapere che fa schifo, anzi è una vergogna, uno scandalo. I figli fissavano lo scheletrone e deglutivano, assimilavano.

Ora quei figli non potranno portare i loro figli a Portovenere a esperire l’idea platonica dello schifo, la vergogna quintessenziale, lo Ur-scandalo. Ora, e se conoscete Spezia non potete negarlo, i figli indicano ai loro figli il ground zero dello scheletrone, e dicono loro che c’era lo scheletrone, glielo descrivono, spiegano che faceva schifo, ma che era meglio quando c'era lui: molto meglio no, appena un po’ meglio.



Io da tutto questo prendo le distanze. Personalmente, io non so becciare.

9 commenti:

  1. Scusa ma davvero non si capisce un belino.

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  2. Se è scortico che ha scritto è impossibile che non sa becciare! con tutti quei muscoli (7,1,7)!!!

    yagababa

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  3. Tra l'altro ho fondato (con Chiappalupi) il comitato per l'affermazione del corretto spellingo di benpensante, che è con la m: bempensante, che gli dà pure quell'allure lusitana, parole che sconosco, ma le ha dette il chiappa.

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  4. E dopo attente ricerche comunichiamo che la pronuncia corretta di Cozzani è con l'accento tonico sulla "a" e soprattutto con entrambe le "z" dolci, come in "mezzo", "brezza" (eh sì, fatevene una ragione) e non "zozzo". Anche se si potrebbe fare un comitato per la dolcezza di tutte le doppie z, a cominciare da quelle di dolcezza.

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  5. Ora sei pronto a fare il GOD per la collezione ("z" dolce) Harmony, Scroto. Zoldi a palate.

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  6. io invece ero intento a becciare...

    ma veramente lo scheletrone non c'e' piu'??



    o.a.

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  7. Ma proprio bum!



    http://www.youtube.com/watch?v=0AoK-jk5vT8

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  8. Secondo me c'è lo zampino della Mafia.

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