Chi, di fronte a uno stabile parigino, ha mai pensato che non fosse indistruttibile? Una bomba, un incendio, un terremoto possono abbatterlo certo, ma che altro? Agli occhi di un individuo, di una famiglia, di una dinastia perfino, una città, una via, una casa, sembrano inalterabili, inaccessibili al tempo, agli accidenti della vita umana, tanto da farci credere di poter confrontare e opporre la fragilità della nostra condizione all’invulnerabilità della pietra. Ma la stessa febbre che, verso il 1850, alle Batignolles come a Clichy, a Ménilmontant come alla Butte-aux-Cailles, a Balard come a Pré-Saint-Gervais, ha cavato su dalla terra tutti quei casamenti, si accanirà adesso a distruggerli.
Verranno i demolitori e con le loro mazze schianteranno intonaci e ammattonati, sfonderanno pareti, torceranno serramenti, sfasceranno travi e capriate, strapperanno via pietre e lastroni: immagini grottesche di una casa crollata, ricondotta alle materie prime di cui i ferraioli dai grossi guanti verranno a disputarsi il mucchio: piombo di tubature, marmo di caminetti, legno di armature e parquet, di porte e plinti, rame e ottone di maniglie e rubinetti, specchiere e dorature delle loro cornici, lavandini, vasche, il ferro battuto delle tante ringhiere…
I bulldozer instancabili si porteranno via il resto: tonnellate e tonnellate di calcinacci e briciole.
Georges Perec, La vita istruzioni per l'uso.
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